Effetto taglio dei parlamentari: addio ai seggi blindati

I collegi sono più popolosi e il tradizionale peso di un partito in una determinata zona verrà diluito

Effetto taglio dei parlamentari: addio ai seggi blindati

La riforma del taglio dei parlamentari, fortemente voluta dal M5S, è destinata a rivoluzionare le elezioni Politiche del 25 settembre prossimo. La fine anticipata della legislatura, innescata da Giuseppe Conte, non ha permesso di modificare la legge elettorale e gli italiani andranno alle urne, senza che siano stati ridefiniti i confini dei singoli collegi.

L'idea dei pentastellati era quella, una volta ridotto del 30% il numero dei parlamentari, di fare una legge elettorale in senso proporzionale puro. E, invece, si andrà al voto con il Rosatellum, ossia una legge che prevede 2/3 di parlamentari eletti nelle liste proporzionali e 1/3 nei collegi uninominali. Solo 147 deputati su 400 e 74 senatori su 200 saranno eletti col sistema maggioritario e ciò comporta che la conformazione dei confini dei singoli collegi cambi completamente, col rischio che anche «i seggi più sicuri» diventino in bilico. «Dato che i centri urbani solitamente votano a sinistra e i comuni di provincia votano a destra, è possibile che la presenza di un grande collegio che comprenda entrambe le aree possa penalizzare una o l'altra coalizione», spiega il politologo Giovanni Orsina.

Alcuni «fortini rossi», in sostanza, potrebbero essere a rischio, come conferma persino Renato Mannheimer. «Anche cinque anni fa si sono scardinati alcuni collegi sicuri perché alla complicazione che non si conosce ancora bene l'offerta dei partiti si aggiunge il fatto che almeno 1/3 degli elettori decide la settimana prima del voto», dice il sondaggista che, poi, sottolinea come i nuovi collegi sono stati definiti sulla base di censimenti vecchi. «Ci saranno delle sproporzioni nei collegi la cui popolazione è fortemente variata in questi ultimi dieci anni», assicura Mannheimer. L'ex deputato Pino Pisicchio, invece, è convinto che anche in Italia si corra il rischio di avere il cosiddetto «Gerrymandering», ossia un'anomalia della conformazione dei collegi elettorali, nata negli Usa. Il nome fa riferimento a un politico che ebbe la possibilità di escludere dal proprio collegio elettorale quei quartieri che gli erano sfavorevoli. «Ciò significa che indubbiamente il numero degli abitanti incide proprio come inciderà la percentuale dell'affluenza che è destinata a calare di almeno tre punti percentuali», profetizza Pisicchio, esperto di leggi elettorali.

«Rispetto al 2018, il peso di un partito in un dato collegio incide meno perché un determinato orientamento diluito in un territorio più ampio perde la sua connotazione politica e magari ne può assumere un'altra», spiega Carlo Buttaroni, presidente dell'Istituto Tecné. La paura di essere sconfitto anche nei seggi sicuri sta così spingendo il centrosinista ad agitare lo «spauracchio del fascismo». Ma non è detto che funzioni...

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