Dopo il ceffone assestato da Giuseppe Conte a Elly Schlein (pensi a «federare non noi ma le correnti Pd» e a «fare chiarezza sulla questione morale»), i dem si aspettavano una reazione forte.
Invece è arrivata una velina alla camomilla del Nazareno: «Non rispondiamo agli attacchi» perché «siamo impegnati a contrastare Meloni». Sulle chat interne si susseguono messaggi indignati di parlamentari e dirigenti: «Ma come, quello la trolla dicendole che non ha alcuna intenzione di farsi coalizzare e fa basse insinuazioni sulla nostra questione morale, e la leader non difende l'onore del partito?». Il gruppo dirigente schleiniano ha la consegna del silenzio, pubblicamente si alzano solo poche voci. La vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno è assai dura: «Ogni pazienza ha un limite, Conte chiarisca se intende costruire un'alternativa alla destra o correre solo contro il Pd». Debora Serracchiani ricorda che Conte «ha governato con la destra sovranista e con il Pd», quindi eviti di «chiedere ad altri si sottoporsi a esami di correttezza politica». Di certo il gioioso «Grazie Professore», con cui lo staff di Schlein ha celebrato sui social l'endorsement di Romano Prodi alla segretaria «federatrice del centrosinistra», è durato poco. Conte ha immediatamente ritorto contro di lei l'ansia di farsi dare investiture da qualche «padre nobile» di stagioni passate. Del resto anche in casa Pd molti storcono il naso: «Da una parte c'era Meloni con Musk, dall'altra Elly con Prodi: chi sarà sembrato più moderno?», chiede sarcastica una parlamentare. Quell'investitura sollecitata a Prodi dalla stessa segretaria è stata «un segnale di debolezza, che ha regalato un assist a Conte per mangiarsela in un attimo», commenta un ex membro di governo dem. «Ora ci aspettiamo che i dirigenti che hanno fatto per anni la ola a Conte rispondano alle sue provocazioni: dove sono i Franceschini e gli Orlando, i Provenzano e i Furfaro? Vogliamo lasciarci spolpare l'elettorato da un filo-Putin che aspetta il ritorno di Trump per ributtarsi a destra, e che si allea solo se noi ci beviamo i suoi candidati, come in Sardegna?», dice un dirigente riformista.
Un segnale alla segretaria lo manda Alessandro Alfieri, area Bonaccini: Schlein si sbrighi a decidere le liste europee, bisogna «partire subito». Ed è Carlo Calenda, da fuori, a dar voce alla vera paura che circola nel Pd: «M5s supererà il Pd nelle urne e lancerà Conte come candidato premier. E il Pd si spaccherà».
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