Politica

Erdogan, arresti di massa. Chiude pure Wikipedia

Il Sultano aveva cercato di far cancellare dall'enciclopedia online alcune voci sgradite

Noam Benjamin

Una dittatura costruita un mattoncino alla volta. In Turchia l'affossamento della democrazia sta avvenendo un po' alla volta: ogni giorno un nuovo nemico del presidente Erdogan finisce dietro le sbarre, vittima di una nuova accusa. Sabato è toccato a Wikipedia: l'accesso dai server turchi all'enciclopedia libera più cliccata al mondo è stato chiuso d'ufficio dall'Autorità statale per le comunicazioni (Btk). Secondo alcuni media turchi, la decisione è stata presa dopo i tentativi vani del governo di far togliere dall'enciclopedia online alcune voci sgradite. Voci poi definite dalla Btk «una minaccia per la sicurezza nazionale» e oscurate insieme all'intero sito web. Non è la prima volta che il regime spegne media e reti reputati ostili: dallo scorso 16 luglio - quando il governo ha schiacciato un golpe attribuito a militari fedeli a Gülen la censura ha colpito decine fra canali televisivi, giornali, agenzie di stampa e case editrici. Le leggi di emergenza in vigore dal dopo golpe, adottate per tre mesi e regolarmente rinnovate, facilitano l'opera dell'esecutivo. Non è solo dal 2016, però, che Erdogan ha la mano pesante contro Internet: già durante le proteste di Gezi Park, il governo spense a singhiozzo Twitter e la messaggistica dei cellulari per evitare la diffusione di notizie sgradite e rendere più difficile la comunicazioni fra i manifestanti.

Wikipedia non è la sola vittima dell'ultimo colpo del regime: fra venerdì e sabato 1.628 persone sono state arrestate a seguito dell'operazione «Pace in Turchia 5», condotta con l'ausilio di 71.705 agenti attraverso le 81 province in cui è diviso il paese. Un'operazione-monstre durante la quale il numero complessivo dei cittadini fermati o perquisiti ha raggiunto quota 633.772. Gli ultimi arrestati si aggiungono alle decine di migliaia di turchi incarcerati da quando ha dato avvio alla repressione post-golpe. La recente vittoria di misura contestata dalle opposizioni al referendum costituzionale che gli ha attribuito grandi poteri non è dunque bastata a Erdogan, ancora alla ricerca di teste da tagliare fra i suoi nemici. Intanto dalla Germania rimbalza una notizia che il sultano non mancherà di usare per denunciare il complotto straniero nei suoi confronti: citando fonti parlamentari della Cdu, la Saarbrücker Zeitung scrive che se Erdogan organizzerà un nuovo referendum, questa volta sul ripristino delle pena di morte, Berlino negherà ai turchi di Germania la possibilità di votare sul suolo tedesco. Il Bundestag ha reso un parere legale in cui si conferma il diritto-dovere del governo di opporsi a principi «contrari allo standard costituzionale e riconosciuti dal diritto internazionale», fra cui la pena capitale.

Erdogan dovrà in quel caso fare a meno del voto degli 1,4 milioni di elettori residenti in Germania.

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