Roma - «Che errore affidare l'emergenza terremoto a un politico. E tutto pur di risolvere i problemi del Pd e smontare il modello B&B, Berlusconi e Bertolaso, perché non si può accettare di ricordare che a Onna, in un famoso 25 aprile, il Cavaliere raggiunse il massimo di popolarità». L'ex capo della Protezione civile assiste da spettatore alla controversa gestione dell'emergenza terremoto nell'Italia centrale. Ma uno spettatore molto partecipe: «Passo spesso da quelle parti -dice Guido Bertolaso- e, da privato, parlo con la gente, con gli amministratori: si avverte l'amarezza per come stanno andando le cose».
Il paragone con L'Aquila è inevitabile e del resto non è stato lei il primo a farlo.
«Errani subito dopo la nomina a commissario continuava a ripetere non faremo come all'Aquila. Infatti hanno fatto in un modo diverso: un disastro. Se non fanno come all'Aquila è perché non ne hanno le competenze, la capacità, la passione».
Il vostro modello prevedeva un manager con pieni poteri, qui c'è una cabina di regia tra Commissario e presidenti delle Regioni.
«Sì, ma una cabina di regia tutta politica, per di più un monocolore Pd. E la nomina di un commissario ha finito con il delegittimare il capo della Protezione civile. Un classico all'italiana: si fanno tanti capi e capetti e chi ha bisogno di appoggio, di guida in un momento di emergenza, non sa più a chi rivolgersi».
Con il modello attuale i sindaci sono ai margini, con il vostro erano protagonisti.
«Sa qual è la vera differenza? All'Aquila la sala operativa era sul posto, tra le macerie, qui l'hanno piazzata a Rieti, che è oltre 60 chilometri da Amatrice e Accumoli. La nostra cabina di regia coinvolgeva tutti i protagonisti, dai sindaci alle forze dell'ordine. E per i primi dieci mesi noi abbiamo vissuto sul posto e ci riunivamo tutti i giorni alle 19, incluso Natale e Ferragosto, non facevamo un salto un paio di volte a settimana per poi tornare nei comodi palazzi romani».
La situazione ora è piuttosto disastrosa, basti pensare a quanti sono ancora senza un tetto: sono state installate meno di 900 casette su 3.700.
«Una percentuale inaccettabile. Noi, a parte il Progetto Case, nel primo anno avevamo installato 5.000 casette»
Per assegnare un alloggio ora ci vogliono undici passaggi burocratici.
«Sono state cancellate le due parole d'ordine che avevamo imposto: nessuno deve restare solo, e ora invece i sindaci sono soli, e la burocrazia non fa parte del nostro vocabolario. Qui invece parlano di ricostruzione ma non hanno nemmeno tolto le macerie».
L'avevano accusata di essere autoritario.
«In emergenza la democrazia non può esistere. Bisogna ascoltare tutti, e noi lo facevamo, ma poi ci vuole qualcuno che si assuma la responsabilità di decidere e se sbaglia ne paghi le conseguenze. Affidare i soldi alle Regioni è garanzia di inquinamento politico».
È quello che è successo con lo scandalo dei 33 milioni di fondi degli Sms solidali mai arrivati ad Amatrice?
«Certo, quei presidenti di Regioni li hanno usati per creare consenso. Cosa crede che a noi non arrivassero donazioni? Con gli Sms abbiamo 50 milioni per L'Aquila e 60 per lo tsunami nel Sudest asiatico. Nessuno si è mai lamentato di una distribuzione politicizzata dei soldi».
La Protezione civile non è più in grado di agire come ai suoi tempi?
«Nessuno dica che la Protezione civile ha colpe. Io esprimo la massima solidarietà a Fabrizio Curcio».
Tornerebbe a occuparsene?
«Ora c'è un bravo funzionario, Angelo Borrelli, saprà far bene se la politica glielo permette. Un Paese come il nostro ha assoluto bisogno di una Protezione civile davvero forte. Questa gestione ha creato un grave danno d'immagine all'Italia, anche se i grandi media hanno scelto di tacere sul disastro in corso. Installano due case e il Corriere titola Amatrice rinasce.
All'Aquila crollava un balcone e scrivevano che il Progetto Case era un flop. Ma il tempo è galantuomo. Le inchieste sono finite in nulla e gli aquilani, i veri giudici, hanno eletto un sindaco di centrodestra. Ma non tornerei, non si torna mai indietro».
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