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Fake news Pd sul referendum: «I russi dietro la sconfitta del Sì»

Un articolo dell'ex vicepresidente Usa Biden scatena i dem Ira di Lega e M5s. Ma Renzi glissa: «Non torno al 4 dicembre»

Fake news Pd sul referendum: «I russi dietro la sconfitta del Sì»

Joe Biden non è certo l'ultimo arrivato, e dunque se l'ex vicepresidente racconta che ci fu una manina russa anche dietro la propaganda per il No nel referendum costituzionale, l'effetto è pesante.

Come testimoniano le reazioni dei partiti direttamente chiamati in causa da Biden in quanto sponsorizzati dal Cremlino: Lega e Cinque Stelle: «È in corso uno sforzo russo per sostenere questi movimenti in vista delle elezioni», scrive. I diretti interessati si rivoltano con veemenza contro le accuse: «Inaccettabili insinuazioni, assurdo complottismo», insorgono i grillini. «Obama e Biden puntavano sul Sì e hanno perso, imparino a rispettare il voto». «Maccartismo!», gridano dalla Lega. Con Calderoli che parla di «farneticazioni di Biden», e Salvini che chiosa: «Le sanzioni contro Mosca sono una follia che toglieremo». Dal fronte opposto, il Pd cavalca le accuse di Biden, con Michele Anzaldi che chiede la convocazione degli ambasciatori di Usa e Russia per «chiarimenti urgenti» e Alessia Morani che invoca una task force italiana che vigili sui rischi di «inquinamento del dibattito» in vista delle elezioni. Matteo Renzi, che ironizza sui grillini anti-complottisti, resta però più cauto: «Non parlo di complotti e non ritorno al referendum del 4 dicembre. Penso solo che dobbiamo stare attenti alle schifezze che girano in rete, per i nostri figli».

L'ex vice di Obama, in un intervento dal titolo «How to stand up to the Cremlin» pubblicato dall'autorevole rivista Foreign Affairs, parla dell'Italia en passant, nel quadro di un'analisi ben più ampia delle ingerenze geopolitiche russe. Spiega che Putin, nella sua lotta per la sopravvivenza al potere nel quadro di un'economia russa semicollassata dopo il crollo dei prezzi di petrolio e gas, punta le sue carte su un indebolimento dell'Occidente, e a questo scopo aiuta le forze o le operazioni politiche che possono contribuire a destabilizzare i singoli paesi e l'intera Unione europea. Circostanziate denunce in proposito sono state fatte in Usa (dove l'inchiesta sul Russiagate assedia Trump), ma anche in Gran Bretagna, dove ingerenze russe su Brexit sono state denunciate dal capo dei servizi segreti; o in Germania dove a denunciarle è stato il ministro degli Esteri di Merkel; o in Francia, dove Macron fu attaccato in campagna elettorale da presunti hacker russi, per favorire la Le Pen.

Episodi sospetti ci furono anche in Italia, durante la campagna per il referendum, anche se il Pd non li ha mai ufficialmente denunciati come causa della sconfitta renziana del 2016: difficile farlo, del resto, vista la proporzione del divario tra Sì e No che si registrò all'epoca. Ma il quotidiano La Stampa, un mese prima del referendum, raccontò di una «offensiva anti-Renzi della propaganda russa, rilanciata dai Cinque Stelle», per un filmato del network Russia Today, vicino al Cremlino, che spacciava per «massicce proteste contro il premier e le sue riforme» le immagini della manifestazione per il Sì a Piazza del Popolo, e denunciava il rischio di «accentramento del potere» se le riforme fossero passate. Immagini viralmente diffuse tramite i network grillini. La Repubblica rivelò che Renzi protestò per l'episodio di ingerenza direttamente con Putin, in una telefonata fatta pochi giorni dopo.

E che ne parlò con Mattarella, in un incontro avvenuto subito prima della riunione di un Consiglio supremo di difesa in cui si discusse di una possibile reazione all'accaduto.

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