«Per fare ripartire lavoro e impresa è necessario uno choc fiscale»

L'imprenditore: «L'Italia resta un Paese poco business friendly»

Diana Alfieri

Massimo Blasoni ha fondato da zero un Gruppo che dà lavoro a 3000 persone e ogni anno cresce a doppia cifra. Sereni Orizzonti costruisce e gestisce residenze sanitarie per anziani in tutta Italia e ora anche in Europa. Complessivamente però il nostro sistema produttivo vive un momento non facile....

«L'Italia non è business friendly e la fissità e incertezza delle regole prevale sull'innovazione. Questo non attrae investimenti esteri e non stimola quelli delle nostre imprese. Nel dibattito politico del nostro Paese sembrano talvolta prevalere temi anche di secondo piano, certo utili a far parlare i talk show, ma ben poco significativi per mutare in meglio la condizione dei cittadini e delle imprese».

Ma il Paese va così male?

«Non è una vera e propria cupio dissolvi ma talvolta sembra che ci siamo assuefatti a una condizione di minorità economica rispetto ai principali partner europei. A tutti è noto che il nostro debito è altissimo e che cresciamo poco: il Pil italiano è ancora l'unico al di sotto dei livelli pre-crisi, assieme a Grecia e Portogallo. Meno si sa della contrazione della produttività delle nostre aziende. Negli anni '70 l'Italia era al primo posto per crescita della produttività nell'industria rispetto alle principali economie comunitarie. Il ritmo è rallentato nei due decenni successivi poi siamo scivolati quasi in fondo alla classifica. Le cause? Burocrazia, infrastrutture, accesso al credito, temi che la politica dovrebbe meglio governare. Sono sconfortanti anche i dati sul reddito pro capite. Negli ultimi dieci anni i cittadini italiani hanno perso 2.400 euro annui, in Germania il reddito è salito di 3.400 euro».

Dunque...

«Serve uno shock fiscale che questo Governo, non certo per colpa della Lega, non riesce a promuovere. Attualmente si è avviata la prima fase della flat tax ma nel contempo anche il reddito di cittadinanza, una misura statalista. Occorre agire sul cuneo fiscale e sulle tasse sul reddito delle imprese stimolando, in ottica liberale, lavoratori e imprenditori. Gli Stati Uniti hanno portato le tasse sul reddito d'impresa al 20% ben comprendendo che la bassa fiscalità di un Paese attrae capitali e genera occupazione. Abbassare le tasse è possibile riducendo la spesa pubblica: la Lombardia o il Veneto, che erogano ottimi servizi al cittadino, hanno una spesa pubblica consolidata pro capite di un terzo inferiore a quella della stragrande maggioranza delle altre regioni».

È risolutivo il solo abbassamento delle tasse?

«C'è altro: una volta si diceva che il nostro Paese soffriva per la carenza di materie prime, in un mondo che va digitalizzandosi la materia prima è l'intelligenza, e questa non dovrebbe farci difetto.

Malgrado ciò siamo tra gli ultimi per capacità digitale e innovazione e il Paese non investe né dal punto di vista delle infrastrutture fisiche e informatiche, né in alta formazione: spendiamo in formazione un quarto della Germania. Eppure, nel mondo in parte dematerializzato del futuro, cultura e formazione saranno ben più che importanti, ma questo non fa audience».

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