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Fiducia sui giudici contabili. L'opposizione si spacca

Meloni: "Facciamo quel che faceva il precedente governo, non va più bene?". Azione si smarca

Fiducia sui giudici contabili. L'opposizione si spacca

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Il governo Meloni chiede la sua diciassettesima fiducia su un provvedimento (se non è un record, è comunque un ottimo piazzamento). E intanto però sono le opposizioni a dividersi sul principale oggetto del contendere all'interno del decreto sulla Pubblica amministrazione. Ossia il famoso potere di «controllo concomitante» della Corte dei Conti sul Pnrr.

La richiesta di fiducia sul dl (che scade il 21 giugno) è stata posta ieri, alla fine del dibattito generale, dal ministro per la PA Paolo Zangrillo, e verrà votata oggi alle 14 nell'aula di Montecitorio. Mentre il Pd e i Cinque Stelle, con toni da allarme solenne, marciano uniti verso l'ostruzionismo contro la norma, a colpi di ordini del giorno post-fiducia (il voto finale slitterà quindi, molto probabilmente, a domani) i centristi di Azione e Italia viva si sfilano dal fronte denunciando - anche sulla scorta delle prese di posizioni di illustri giuristi come il presidente emerito della Consulta Sabino Cassese o il capo dell'Anticorruzione Giuseppe Busia - una certa pretestuosità delle proteste a sinistra e il carattere corporativo della rivolta dei magistrati contabili (e non solo). «Ieri su La Stampa due pagine di intervista al procuratore Antimafia Melillo, oggi su Repubblica intervista al presidente della Anm Santalucia - fa notare il parlamentare di Azione Enrico Costa - Identico il contenuto: l'attacco contro norme all'esame del Parlamento (Corte dei Conti, abuso d'ufficio). Vien voglia di votarle a occhi chiusi».

Ovviamente Costa e i suoi compagni di partito non voteranno la fiducia al governo, ma di certo non avalleranno la battaglia campale delle altre opposizioni, che parlano di «forzature inaccettabili» o financo di «democratura». La premier Giorgia Meloni replica ironicamente all'assalto delle opposizioni: «Segnalo sommessamente che quello che noi stiamo facendo sulla Corte dei Conti in rapporto ai controlli sul Pnrr, non è nulla di difforme da quello che ha fatto il precedente governo di cui facevano parte. Il problema qual è? Che c'è una deriva autoritaria o che qualcuno che viene da destra e non da sinistra non può fare le stesse cose che facevano loro?». Dal Pd, il responsabile Sud Marco Sarracino fa notare una contraddizione: «Nella precedente legislatura fu proprio il centrodestra a chiedere di rafforzare i poteri di controllo della Corte dei Conti sul Pnrr. Ora che i controlli sono sul loro operato, ci fanno assistere a questa incredibile giravolta».

Intanto la Commissione europea si sfila dalla polemica definendo «solido il sistema di audit e controlli» dell'Italia sull'attuazione del Pnrr. Ma per il Pd di Elly Schlein (e, a ruota, per i grillini) è l'occasione di rilanciare - dopo la non brillante performance elettorale agli ultimi ballottaggi - la battaglia contro un governo «ossessionato da chi deve gestire i soldi e controllare la spesa», dice la segretaria dem. Concetto ribadito in aula dalla capogruppo Chiara Braga: «Non c'è governo più insofferente al controllo di quello di destra. È così in Italia, è così in altre democrazia europee». Le fa eco Giuseppe Conte: «Il governo è in ritardo nell'attuazione del Pnrr e risolve il problema eliminando il controllo della Corte dei Conti». Peccato che, ricordava ieri il capo dell'Anticorruzione Busia, intervistato da La Stampa, «rinunciare al controllo concomitante rientra nelle facoltà del governo. L'importante è che restino i controlli preventivi e successivi». Ricorda il capogruppo di Forza Italia Paolo Barelli: «C'è un'attività preventiva di collaborazione e una fase consuntiva di controllo.

Escludere i controlli in fase di attivazione, quelli che definiamo concomitanti, non significa affatto escludere i controlli».

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