Finite le vacanze forzate: Renzi torna padrone del Pd

Il segretario uscente stravince i congressi con il 68% Orlando doppiato (25%). Emiliano salvo per un soffio

Finite le vacanze forzate: Renzi torna padrone del Pd

«Un risultato che va oltre le nostre più ottimistiche previsioni: incredibile». A sera, Matteo Renzi compulsa i dati finali del congresso Pd, che arrivano da tutta Italia, e lascia trapelare la propria soddisfazione. I numeri ufficiali verranno resi pubblici solo oggi, ma la vittoria del segretario uscente appare già nettissima: 68,22% (141.245 voti) dopo 4mila circoli scrutinati.

Renzi vince in tutte le regioni, anche nella Liguria di Andrea Orlando che ottiene il 25,42% (52.630 voti) e nella Puglia di Michele Emiliano, che a livello nazionale arriva appena al 6,36% (13.168), superando però quel 5% necessario per accedere alle primarie del 30 aprile prossimo. Salvo per un soffio. «Una figura non proprio smagliante», ironizza l'ex premier con i collaboratori. E nel quartiere generale renziano l'ironia diventa sarcasmo: «Un exploit ai livelli di Ingroia», se la ridono. Renzi tocca il 70% nelle regioni dove è storicamente più insediato (Toscana, con punte dell'81% a Firenze, Lombardia, Veneto, Marche) e nel meridione, ma va molto bene anche in quelle «rosse» e in Umbria sfiora il 76%. In Piemonte, Liguria e Lazio si assesta al 65%. Vince sia nei piccoli centri che nelle metropoli. E il dato politicamente più clamoroso lo incassa proprio a Roma, città che gli è sempre stata poco amica, e dove aveva contro tutti i pezzi grossi capitolini, da Nicola Zingaretti a Goffredo Bettini, che contavano di far vincere nella Capitale il proprio candidato Andrea Orlando. Invece a Roma Renzi sta al 60%, Orlando si ferma al 36% e Emiliano fa flop al 4% (una curiosità: l'unico circolo romano dove il pm vince è quello dell'Alessandrino, sede di Michela Di Biase, coordinatrice della mozione Renzi nella Capitale e moglie di Franceschini).

Nonostante la batosta referendaria, le dimissioni, le scissioni, la discesa in campo del ministro della Giustizia in nome della vecchia guardia post-Ds con la benedizione di Giorgio Napolitano, il Pd si conferma più di prima il partito di Renzi. «La base del Pd ha espresso un giudizio inequivocabile: Renzi è per gli iscritti il segretario in cui ripongono la loro fiducia e le loro speranze. Le dimensioni del risultato sono sorprendenti, un ottimo viatico per le primarie del 30 aprile, e una grande testimonianza di partecipazione e democrazia», esulta il vicesegretario Lorenzo Guerini. Ed effettivamente la partecipazione al voto nei circoli, un po' in tutta Italia, è stata anch'essa superiore alle aspettative, nonostante le critiche degli avversari dell'ex premier. Anche ieri, ospite di RaiTre, Orlando lamentava «una partecipazione in calo, perché anche gli iscritti sono calati». E, pur smentendo che si siano verificati «brogli», il Guardasigilli denuncia «stranezze» sul tesseramento in alcuni circoli. Valutazioni smentite dai renziani, che parlano di un'affluenza del 58,1%, e una proiezione finale di votanti compresa tra 235mila e 255mila.

Anche il tesseramento viene dato in sostanziale aumento: dai 378mila iscritti del 2014 si è passati ai 430mila di oggi, con un aumento di 50mila iscritti. Le frecciatine di Orlando e dei suoi vengono attribuite ad un certo malumore: «Erano convinti di andare molto meglio, ma così non è stato. Sono un po' delusi, e quindi danno segnali di nervosismo e protestano per il voto», commenta Renzi. «Ma io stimo molto Orlando, e sono convinto che si possa lavorare bene tutti insieme», conclude ecumenico.

Ben sapendo che ora gli sconfitti sposteranno la guerriglia sui numeri delle primarie del 30 aprile: «Mi auguro che i partecipanti siano più di due milioni perché, sotto quella soglia, rischia di essere un colpo per il Pd», avverte Orlando. Un modo per alzare l'asticella e sminuire la vittoria renziana, sapendo che le stime parlano di un milione e mezzo di possibili votanti.

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