«Foglie di pietra» per risollevare Roma Così Fendi rende omaggio alla capitale

Due enormi alberi di bronzo reggono un blocco di marmo di 11 tonnellate

Lucia Serlenga

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basta spogliarla diceva Michelangelo. Vede una trave di legno, la indaga e la scarnifica e porta alla luce l'albero che era il lei: è questa la magia del più grande artista vivente italiano, Giuseppe Penone. Una magia che ieri sera, in piazza Goldoni a Roma, ha toccato i cuori e i nasi all'insù di ospiti, cittadini e turisti presenti allo svelamento dell'opera monumentale Foglie di pietra da lui firmata e donata da Fendi alla città. Due alberi di bronzo, di 18 e 9 metri, ancorati a fondamenta di trenta metri e talmente solidi da reggere, a cinque metri d'altezza, un blocco di marmo scolpito di 11 tonnellate. Una scultura tanto possente quanto filiforme, proiettata verso quel cielo azzurro sotto cui spesso si frantumano sogni di riscatto. «Roma, una delle capitali più importanti del mondo, merita quest'opera» sottolinea Pietro Beccari, amministratore delegato e presidente della maison fondata nel 1925 da Adele e Edoardo Fendi e entrata nel 2000 nell'orbita del Gruppo LVMH azionista di maggioranza. «L'arte contemporanea genera emozioni e il buon esempio è trainante: chi critica senza far nulla mi fa paura. In Italia si premia chi non rischia. Noi la pensiamo diversamente» continua Beccari ricordando come la raffinata maison che dal 1965 ha affidato la creatività al grande Karl Lagefeld affiancato dal 1992 dallo straordinario talento di Silvia Venturini Fendi, abbia negli ultimi anni provveduto al restauro della Fontana di Trevi e del complesso le Quattro Fontane, a quello delle Fontane del Gianicolo, del Mosè, del Ninfeo del Pincio e del Peschiera, abbia restaurato palazzo Goldoni e inserito il ristorante Zuma, riportato in auge il Palazzo della Civiltà Italiana insediandovi il suo quartier generale - ci lavorano circa 700 dipendenti - e dedicando il primo piano a eventi culturali. Attualmente, imperdibile è la mostra Matrice dedicata proprio alle opere di Penone. Aperta fino al 16 luglio, propone una selezione di opere storiche e altre realizzate appositamente da uno dei più grandi scultori viventi che ha esposto in alcuni dei luoghi più affascinanti del mondo, tra cui New York, Parigi e la reggia di Versailles. Un nome su cui si sono trovati d'accordo i membri di una commissione mista costituita ad hoc e composta dalla direzione generale Arte e Architettura Contemporanee e Periferie Urbane del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, da Roma Capitale - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, di concerto con Fendi e Massimiliano Gioni, curatore della mostra. Di soldi non si parla, non è chic in casa Fendi. Comunque l'operazione non dev'essere costata poco: oltre un anno per realizzare l'opera, una delle più complesse dell'artista, una cinquantina di persone fra ingegneri, scultori e addetti alla fonderia di Pietrasanta.

Foglie di pietra per trent'anni sarà di proprietà di Fendi, poi della città di Roma che intanto vede radicare nel suo passato qualcosa che sa di futuro: «Nel blocco di marmo è scolpita, con un capitello corinzio, la memoria storica e geologica della materia» rivela infatti Penone che sollevandolo fa pensare all'elevazione dell'uomo e all'abbandono delle rovine nel sottosuolo.

E mentre 250 ospiti internazionali - tra loro Silvia Venturini Fendi e alcune delle sue celebri sorelle - arrivano per il pranzo organizzato in onore di Penone alla Galleria Nazionale d'arte Moderna, si parla già dei prossimi atti di mecenatismo della maison: il progetto di restauro di altre quattro fontane, apertura a fine maggio dell'aula scientifica dell'Istituto del Restauro di Roma finanziata da Fendi, molte altre iniziative da annunciare a settembre. Insomma fatti, non inutili e talvolta dannose parole.

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