La follia di tre adulti non può essere una ragazzata

Siamo la nazione delle simpatiche ragazzate. Chiunque può inventarsi qualunque nefandezza sapendo che poi qualcuno - i congiunti più stretti, un avvocato ben pagato, certe anime belle del perdonismo un tanto al chilo - sarà subito pronto a dire «era solo un gioco, semplicemente non si sono resi conto della stupidaggine, devono pagare, ma che paghino il giusto, per favore non parliamo di tentato omicidio» (in quest'ultimo dramma napoletano, i parenti (...)

(...) del mattacchione che ha sparato aria da compressore nelle viscere di un ragazzino). Nessuno, in Italia, commette più niente di grave e di imperdonabile. C'è subito la corsa ad attenuare, a sminuire, a ridimensionare. Soltanto con agenti di polizia e carabinieri siamo intransigenti e inflessibili, diciamo pure forcaioli: se a qualche servitore dello Stato scivola la mano, si solleva un'indignazione feroce. Anche questo, però, è un gioco molto pericoloso. Non può passare. Ma diciamolo una buona volta, senza pudori perbenisti: la violenza cretina di un certo bullismo sta saldamente in testa a tutte le classifiche dell'abiezione. Nell'allegro pomeriggio napoletano, tre - dico tre - adulti mettono in mezzo un ragazzino e si divertono a sue spese. È pure un po' ciccione, è veramente il giocattolo perfetto. Ma che bel momento, tre adulti che si scompisciano umiliando e spaventando un essere inerme, senza alcuna possibilità di reagire, di ribellarsi, di mettersi in fuga. Forse ci racconteranno pure che lui stesso si stava divertendo come un matto. Via, è facile immaginare quanto possa divertirsi un quattordicenne chiuso nella morsa di tre uomini fatti. Neanche a Gardaland. Poi il colpo di genio, il massimo della goliardia: gonfiarlo un po'. La pistola dell'aria compressa là sotto, il getto potentissimo, la devastazione terribile. Ops, s'è mai visto che un compressore sparato là sotto possa fare del male? Mai più tre adulti possono immaginare. Ed è tragedia. Altre volte, in altri casi, sono lo stupro alla ragazzina, lei sola in mezzo a sette, nove, dodici animali del branco («però ci stava», così bisogna subito dire, come insegnano certi genitori e certi avvocati), oppure lo scolaro timido e imbranato costretto a spogliarsi davanti a tutta la scuola, oppure l'odioso secchione tagliuzzato con il temperino perché impari subito che tutto il sapere dei suoi libri non lo salva dalla forza bruta, oppure il barbone cosparso di benzina e acceso come una torcia sulla panchina fuorimano. In queste allegre ragazzate, c'è sempre un prevaricatore violento (in branco, immancabilmente in branco) e un prevaricato indifeso (solo, puntualmente solo). Certo è facile dire dopo che non si tratta di tentato omicidio. È facile derubricare certe azioni essenzialmente idiote in semplici stupidaggini. Ma è altrettanto evidente che i nuovi prepotenti non possano cavarsela ogni volta in modo così spensierato. Il loro reato, per certi versi, ha qualcosa di più disumano dei classici delitti perpetrati in stato di rabbia, di ubriachezza, di raptus. La loro è violenza gratuita, senza motivo e senza senso, inflitta con lucido sadismo. Le chiamano ragazzate, ma si portano dietro l'aggravante più vergognosa: la crudeltà.

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