Lega, perquisizioni della Gdf. Indagato l'assessore lombardo

Indagato dai pm di Genova all'interno dell'inchiesta sul presunto riciclaggio dei soldi della lega. Il leghista era già stato sotto indagine a Milano per appropriazione indebita, ma in quel caso la procura aveva chiesto l'archiviazione

Lega, perquisizioni della Gdf. Indagato l'assessore lombardo

Stefano Bruno Galli, assessore all'Autonomia della regione Lombardia vicino alla Lega, in queste ore è stato indagato all'interno dell'inchiesta, aperta ormai quasi due anni fa e condotta dalla guardia di Finanza, sul presunto riciclaggio dei soldi della Lega dai pubblici ministeri di Genova. Secondo quanto riportato da ilfattoquotidiano.it, Galli era già finito al centro delle indagini dei pm di Milano che, però, avevano chiesto l'archiviazione per il reato di appropriazione indebita.

L'inchiesta

L'inchiesta della guardia di Finanza è stata aperta ormai quasi due anni fa, ma soltanto oggi sarebbero scattate le perquisizioni all'associazione presieduta dal politico leghista. L'indagine genovese nasce da quella sui rimborsi elettorali che la Lega avrebbe ottenuto ai danni del Parlamento tra il 2008 e il 2010, falsificando, secondo l'accusa, rendiconti e bilanci. Il processo si è concluso lo scorso 6 agosto con una sentenza della Cassazione che ha dichiarato prescritti i reati per Umberto Bossi e per il tesoriere Belsito ma ha confermato la confisca dei 49 milioni.

Il coinvolgimento di Galli

In base a quanto ricostruito, nel novembre del 2018, il fattoquotidiano.it, esaminando i bilanci della Lega, avrebbe scoperto che i 49 milioni di euro che la procura di Genova cercava di rintracciare perché frutto di una truffa allo Stato, non erano scomparsi, ma parte di essi sarebbero stati utilizzati per "contributi e associazioni". Oggi, l'inchiesta ha Galli come primo indagato. L'ex docente di dottrine politiche alla Statale di Milano, tra gli ideologi del partito e fautore dell'autonomia lombarda, risponderebbe del reato in quanto numero uno dell'Associazione Maroni presidente. Le verifiche della guardia di Finanza, delegate alle perquisizioni, riguardarebbero in particolare proprio l'ente.

Le origini dell'inchiesta

Secondo quanto riportato dal quotidiano, l'inchiesta genovese sarebbe nata da quella sui rimborsi elettorali che la Lega avrebbe ottenuto, ai danni del Parlamento, tra il 2008 e il 2010, falsificando (secondo l'accusa) rendiconti e bilanci. Il processo si è concluso il 6 giugno scorso, con una sentenza della Cassazione, che ha dichiarato prescritti i reati per Umberto Bossi e per il tesoriere del partito, Francesco Belsito, ma che ha confermato la confisca dei 49 milioni. Nel 2013, l'ultimo anno di Roberto Maroni a capo del partito, gli oneri diversi di gestione corrispondevano a 9 milioni, mentre i contributi ad associazioni erano di due milioni.

L'associazione

In base a quanto ricostruito, a giugno gli investigatori e gli inquirenti genovesi avrebbero ascoltato, come persona informata sui fatti, l'ex consigliere della lista Maroni Presidente, Marco Tizzoni, che nel capoluogo lombardo aveva presentato un esposto in cui avrebbe adomrbato il sospetto che l'Associazione Maroni Presidente "fosse stata tenuta nascosta ai consiglieri dovendo servire quale soggetto occulto di intermediazione finanziaria in favore della Lega o di terzi". Secondo quanto riportato dal quotidiano, la lista Maroni, nel 2013, aveva raccolto circa mezzo milioni di voti e aveva portato in regione 11 consiglieri, tra cui Tizzoni. Galli venne eletteo presidente del gruppo. A gennaio, secondo l'esposto di Tizzoni agli inquirenti milanesi, sarebbe stata creata l'Associazione Maroni Presidente "senza che nulla venisse comunicato ai candidati e agli eletti". La lista politica avrebbe avuto tutti membri civici, mentre l'associazione parallela sarebbe stata di matrice leghista. Tra i primi sei fondatori sarebbe comparso anche il nome di Roberto Calderoli.

L'esposto di Tizzoni

Nel suo esposto, Tizzoni avrebbe scritto: "Nessun rapporto è mai esistito tra i consiglieri del gruppo e tale associazione, che è stata tenuta ben nascosta". In base a quanto ricostruito, Tizzoni avrebbe quindi scoperto che la Lista Maroni avrebbe maturato rimborsi elettorali dallo Stato per circa un milione di euro, mentre 350mila sarebbero arrivati dalla Regione per il funzionamento del gruppo. Negli atti si legge: "Nello statuto dell'associazione sono segnalati gli scopi e nessuno di questi risulta essere mai stato perseguito dai suoi membri e variato nel corso degli anni. Vi è il sospetto che tale associazione sia stata tenuta nascosta a noi consiglieri tutti questi anni, dovendo servire quale soggetto occulto di intermediazione finanziaria in favore della Lega o di terzi".

L'operazione "al limite"

Operazione che poi sarebbe avvenuta, visto che oltre mezzo milione sarebbe finito all'associazione, ma sul cui rilievo penale la

Procura non pareva intravedere ipotesi di reato. Ancora prima, 450mila euro, parte di quel milioni, sarebbero passati all'associazione e poi alla Lega, come pagamento di un prestito iniziale per far partire la Lista Maroni.

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