La fronda dem ora attacca sul caso primarie

Cuperlo elenca i flop: "Da Genova a Napoli, in troppe realtà siamo un volto opaco"

La fronda dem ora attacca sul caso primarie

Roma - È il giorno delle primarie (per così dire) in Campania, quelle primarie che il Pd nazionale si sarebbe volentieri risparmiato e che rischiano di suscitare un nuovo vespaio di polemiche. Due gli sfidanti, eterni duellanti campani: il bassoliniano Cozzolino e il sindaco di Salerno De Luca, più il candidato socialista Di Lello, dopo il ritiro dell'unico candidato in odor di renzismo, Gennaro Migliore. A Roma non sanno chi augurarsi che vinca.

Si sa, ogni volta che si vota a Napoli e dintorni, davvero o per gioco, succede ogni genere di nefandezza: basta ricordare cosa accadde nel 2011, era Bersani, nelle primarie per scegliere il candidato sindaco: torme di cinesi a Scampia, bande di guappi in giro per i quartieri, pasticci e brogli di ogni genere. Furono annullate, e il Pd dovette ingoiare la candidatura del guappissimo Giggino 'a manetta, alias De Magistris. Successe di nuovo per le primarie nazionali del 2012, quelle della sfida Bersani-Renzi: quando l'allora sindaco di Firenze, il giorno dopo il voto, chiese di poter fare una verifica sulla smagliante vittoria bersaniana nel napoletano, gli venne risposto che - appena chiuso lo spoglio - le schede erano state di gran carriera compattate nella raccolta differenziata e portate direttamente all'inceneritore, con un'efficienza mai vista prima e mai vista dopo in zona.

Ora naturalmente è la minoranza Pd (quella che allora comandava) a usare il pasticcio campano in polemica contro l'attuale leader, Renzi. Il più deciso è stato Massimo D'Alema: è dalemiano doc l'europarlamentare Paolucci, che si è dimesso (dal gruppo, non dal seggio) nei giorni scorsi proprio per denunciare «l'inquinamento» delle primarie a causa di personaggi della destra locale pronti ad appoggiare questo o quel candidato. E lo stesso ex premier Ds ha parlato delle primarie come di un fattore di «lacerazione e a volte inquinamento delle decisioni», pur criticando la scelta di Paolucci: «Non condivido l'idea di abbandonare il partito. Si dà battaglia dall'interno per cambiare le regole». Al Nazareno, dopo essersi arresi alla guerra per bande campane, ora incrociano le dita. Sono riusciti a imporre qualche filtro (extracomunitari e minorenni devono preiscriversi online per poter votare), ma sanno che il sangue scorrerà comunque, sia pur metaforicamente. La minoranza attacca, mettendo in conto a Renzi tutte le degenerazioni che si accumulano da anni nel Pd: «Roma e un partito commissariato, la Liguria e l'uscita dal Pd di Sergio Cofferati, la Campania con polemiche aspre e nuovi abbandoni», elenca Gianni Cuperlo. «Alle spalle abbiamo mesi nei quali in troppe realtà il Pd ha rappresentato un volto opaco della politica. Guai a metter la testa sotto la sabbia». Il vicesegretario Lorenzo Guerini difende le primarie, «momento di grande partecipazione democratica», ma rivolge un «appello alla responsabilità e alla trasparenza» a tutti i contendenti.

Il grande vecchio del partito campano, però, tira un bilancio scorato: «Le primarie in Campania sono state rinviate quattro volte ed era evidente fin dall'inizio che il Partito democratico rischiava di farsi male con le sue stesse mani. Così è stato». E lancia un ammonimento: «La destra a maggio potrà vincere solo se il Pd continuerà a dissanguarsi con le proprie mani. Chi vincerà le primarie dovrà essere sostenuto da tutti».

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