
Il fronte interno è sempre più una spina nel fianco del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky. Il summit in Alaska fra Usa e Russia, se partorirà un piano per la tregua "prendere o lasciare" potrebbe fare esplodere i nodi che stanno venendo al pettine in Ucraina.
Da una parte i reparti degli ultra nazionalisti come Azov decisi a continuare a combattere contro i russi. Fra gli irriducibili circola l'idea di una nuova Maidan, la protesta con le barricate nella principale piazza di Kiev, che ribaltò nel 2014 il presidente filo russo. Dall'altra il 69 per cento degli ucraini che vogliono una tregua e i rivali politici di Zelensky pronti a saltargli addosso in vista di future elezioni presidenziali.
I reparti come la Terza brigata d'assalto, che deriva dai combattenti di estrema destra di Azov oppure il battaglione Vendetta, che ha come simbolo quello degli arditi con il teschio ed il pugnale fra i denti, non vogliono saperne di accordi con i russi. Da marzo, quando Zelensky è stato umiliato da Trump alla Casa Bianca, hanno incrementato la campagna di arruolamenti con spot e manifesti. Anche le donne vengono addestrate per la prima linea come Valeria, una vedova di guerra, che ribadisce: "Non credo assolutamente nel negoziato, in questa pace".
Non basta la narrativa della vittoria ad ogni costo e i volontari di Azov a risolvere il problema degli arruolamenti per rimpinguare feriti e caduti al fronte. "Stanno raschiando il fondo del barile", aveva spiegato già lo scorso anno una fonte militare del Giornale. Negli ultimi mesi sono aumentate le proteste contro i reclutamenti forzati della polizia militare. A Buzke, nella regione di Mykolaiv, una folla armata di spranghe ha preso d'assalto i reclutatori a caccia di passanti. Altri scontri sono scoppiati a Vinnytsia con la folla che ha circondato lo stadio dove avevano portato le reclute. Tutto sarebbe iniziato con un video su Tik tok postato da madre e moglie di un giovane arruolato a forza mentre stava andando al lavoro. Non solo: "La corruzione è dilagante per evitare di finire in trincea - spiega una fonte -. Fra i 3mila e 4mila servono a rallentare la mobilitazione". I russi, che hanno raddoppiato il lancio di droni arrivando ad una media quotidiana di 250 in luglio, colpiscono spesso i centri di arruolamento. Non è un caso che i favorevoli alla tregua, già maggioranza lo scorso anno, siano schizzati al 69% secondo un sondaggio Gallup. Solo il 24% sarebbe disposto a continuare a combattere fino alla vittoria. Dopo un recente bombardamento sulla capitale a fine luglio, che ha provocato 31 morti, Zelensky, giunto sul posto, è stato affrontato dai vicini delle vittime. "Fai finire la guerra il prima possibile", il leitmotiv degli abitanti esasperati dagli attacchi. E qualcuno ha aggiunto "a qualsiasi condizione". I rivali politici del capo dello Stato ne approfittano in vista del vertice in Alaska. Ieri, l'ex presidente Petro Poroshenko, sconfitto nel 2019 da Zelensky, ha tuonato: "Non siamo oggetto di contrattazione, siamo uno Stato indipendente e sovrano che ha pagato il prezzo più alto per il suo diritto alla libertà".
Poroshenko si è incontrato con l'attuale ambasciatore a Londra, il generale Valery Zaluzhny, mandato di fatto in esilio da Zelensky e suo più insidioso rivale quando si terranno le presidenziali.
Ex capo di stato maggiore è molto amato dai militari ed i sondaggi lo danno a ridosso di Zelensky nelle urne. Poi c'è il terzo incomodo, Vitali Klitschko, sindaco di Kiev. Tutti sono pronti a sfruttare la debolezza del presidente se dall'Alaska uscisse un diktat per l'Ucraina.