«Una volta ancora ci siamo espressi con chiarezza: serve ripristinare l'ordine ai nostri confini. Dobbiamo poter respingere i rifugiati che siano stati registrati in un altro paese europeo». Le parole del governatore della Baviera Markus Söder non hanno bisogno di essere spiegate. Il partito cristiano-sociale (Csu) non ha più voglia di aspettare: è dalla fine del 2015 che la costola bavarese della Cdu di Angela Merkel chiede alla cancelliera di cambiare linea in materia di accoglienza.
Negli ultimi tre anni gli alti e bassi fra Cdu e Csu in materia di politiche migratorie non sono certo mancati, ma per la prima volta gli osservatori parlano apertamente della possibilità di una crisi politica. A dare il campanello d'allarme è stata una riunione separata dei parlamentari dei due partiti sulla stessa materia. Il fatto è altamente inusuale: basti pensare che al Bundestag le due formazioni siedono in un unico gruppo, chiamato non a caso «Unione», e osservano di solito una ferrea disciplina nelle operazioni di voto. La tensione si è impennata quando Merkel ha stoppato il piano di respingimenti «a caldo» messo a punto dal ministro degli Interni Horst Seehofer, predecessore di Söder alla guida del governo della Baviera.
Il no della cancelliera ha provocato una sospensione ieri mattina dei lavori del Parlamento per la palese differenza di vedute fra le due componenti moderate della stessa maggioranza di große Koalition con i socialdemocratici. A spingere la Csu ad alzare la posta ci sono due fattori: da un lato le elezioni in Baviera a metà ottobre che il partito vuole vincere recuperando quella grossa fetta di elettori che preferiscono le maniere dure degli xenofobi di Alternative für Deutschland. I cristiano-sociali subiscono poi il fascino di Sebastian Kurz, il giovane cancelliere austriaco che in materia di accoglienza governa con il pugno di ferro in virtù dell'alleanza politica con l'ultradestra dell'Fpö (il Partito austriaco della Libertà). Di fronte alla rinnovata resistenza di Merkel, Seehofer ha minacciato di usare il suo potere di ministro dell'Interno per ordinare alla polizia di eseguire comunque le espulsioni alla frontiera. Una mossa alla quale la leader tedesca potrebbe reagire silurando Seehofer.
Che siano di Matteo Salvini, di Kurz o di Seehofer, in materia di politiche migratorie la cancelliera odia le fughe in avanti: Merkel chiede tempo per trovare una soluzione con gli altri paesi dell'Ue. L'obiettivo è rafforzare la frontiera esterna comune: è quella e non certo il confine austro-tedesco a subire in queste ore la pressione dell'immigrazione illegale. Il duo Seehofer-Söder la vede diversamente: poiché la frontiera esterna è un colabrodo e di greci e italiani è meglio non fidarsi gli stati e le regioni interne devono potersi tutelare.
Quello in corso a Berlino è anche un braccio di ferro per il potere: la Csu sembra pronta a trascinare Merkel e il suo governo nella polvere. I socialdemocratici non si straccerebbero le vesti per la fine di un governo al quale hanno sì dettato l'agenda sociale ma al quale partecipano senza alcun entusiasmo.
La cancelliera sa che la posta in gioco è molto alta. Per la leader europea con maggiore anzianità di servizio il respingimento dei profughi, «è una cartina di tornasole per il futuro dell'Europa». E da oggi anche della tenuta del suo quarto governo.
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