In giacca e chiffon La forza della fragilità di lady Beckham

Pratici anche gli stivali con la zeppa e i lunghi guanti da moschettiera

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New York «Le donne devono celebrarsi tra loro, altrimenti è la fine» dice Victoria Beckham nel backstage della sua bella sfilata newyorkese. La signora ha appuntato una piccola spilla con un rametto di mimosa sulle sue raffinate giacche maschili e oversize quanto basta per creare un raffinato contrasto con le svolazzanti gonne in chiffon a pieghe oppure a volant. L'intera collezione è giocata sul contrasto tra forza e fragilità tipico anche del modo di essere e pensare delle donne contemporanee. Del resto l'ex Spice Girl sposata con il calciatore più bello e più ricco del mondo, madre dei suoi quattro figli, felice proprietaria d'innumerevoli Birkin di Hérmes e del più sterminato guardaroba che si possa immaginare, conosce bene le esigenze femminili ed è riuscita a metterle al centro del suo lavoro stilistico. Per esempio tanto Victoria quanto le modelle che sfilano per lei indossano scarpe portabili: comodi stivali con zeppa per cui non occorre il brevetto di volo oppure pratici modelli maschili a tacco basso. In tutta la collezione i colori sono tanto classici quanto ben abbinati sul filo di quella sottile eccentricità che è uno dei segreti di eleganza degli inglesi: arancio-tramonto oppure rosso-ciliegia con bordeaux, blu e nero in tutti i modi oltre a un'ampia palette di tinte cosmetiche tipo rosa cipria, azzurro ombretto. Da segnalare oltre ai guanti alla moschettiera in cui si possono infilare anche le maniche dei pullover e le magnifiche borse costruite come un piccolo beauty case. «Sto lavorando alla mia seconda capsule di prodotti da trucco in collaborazione con Estée Lauder - annuncia Lady Beckham il lancio è previsto per il prossimo settembre e non vedo l'ora». Alla domanda su quale prodotto ritiene irrinunciabile risponde «Me ne servono due: la crema Aura che fa una pelle bellissima e la nuova cipria che uniforma il colorito e minimizza i pori». Più pratica e femminile di così una donna non potrebbe essere. Anche Diane Von Furstemberg ha sempre fatto moda partendo dalle proprie esigenze di donna, una specie di conoscenza carnale della materia. Stavolta, però, al suo posto parla il direttore creativo del brand, Jonathan Saunders, tanto bravo quanto poco disponibile a motivare le sue scelte stilistiche. Così quando gli chiediamo che fine ha fatto il celebre vestito incrociato (nome in codice wrap dress) che ha fatto la fortuna del marchio, seccatissimo risponde di averne fatti cinque e che non bisogna essere troppo letterali. Sul gusto delle fantasie per altro bellissime ci dice con aria esasperata d'aver mischiato Africa e Giappone sull'altare del glamour. Riesce a fuggire (buon per lui) prima di sentirsi chiedere se sapeva che le stupende pellicce ecologiche dai colori fantasmagorici sono un classico di Marco De Vincenzo. Peccato perché per il resto la collezione ha un suo perché. Ce l'ha anche quella di Francesca Liberatore funestata però da una sfilata in cui la confusione regna sovrana tanto che una modella esce tre volte con lo stesso capo. Un vero delitto perché l'idea di una collezione dedicata agli ideali e alla tempra di Roosvelt non è male all'inizio della presidenza Trump e alcuni cappotti decorati in pelliccia sono bellissimi. Da Alexander Wang è bella soprattutto la musica e la location, un teatro diroccato di Harlem, in cui si svolge lo show davanti al pubblico in piedi. Tutto il resto è la solita solfa post punk: nero e borchie dalla prima all'ultima uscita, un po' barboso.

Custo Barcelona punta invece sui giochi di luce dati da materiali tecnologici come il pelo acetato che sembra la frangetta argentata per decorare gli alberi di Natale. Il risultato è divertente, il massimalismo degli abiti da sera applicato al giorno.

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