Roma Cinque minuti. Forse meno. Il giallo dei due cadaveri carbonizzati a Torvaianica è tutto concentrato nel tempo di un caffè al bar. Alle 8,28 di venerdì la vittima numero due, Domenico Raco, 39 anni, si collega per l'ultima volta alla chat delle sorelle di Maria Corazza, 48 anni, vittima numero uno. Alle 8,33 la prima chiamata ai vigili del fuoco per l'auto in fiamme. A quel punto Maria e Domenico sono già morti. La prima sul sedile posteriore, l'altro su quello anteriore, stesso lato. Una posizione che lascia pochi dubbi sul perché la coppia si trovasse in aperta campagna alla periferia della cittadina balneare. Erano già assieme quando il 39enne si connette ai social?
Sempre di cinque minuti, il tempo di un caffè al bar, è l'alibi di Maurizio Di Natale, 55 anni, rappresentante di vernici per auto. A confermarlo è un suo amico e collega di Santa Palomba, Mimmo. L'uomo viene interrogato a lungo nella caserma dei carabinieri di Pomezia. Assieme ad altri due personaggi è lui a ripetere quanto già messo a verbale da Di Natale. L'uomo resta, così, una persona informata dei fatti. Un interrogatorio davanti al pm, il suo, che avrebbe snervato chiunque. Tutti tranne Di Natale. Freddo, lucido, l'uomo si è difeso con serenità. «Non sono stato io». Mai una contraddizione, tanto da andarsene via. Libero di tornare dalla figlia che lo aspetta da ore. Libero, per gli inquirenti, di commettere un errore. Un elemento chiave, coperto dal segreto istruttorio, avrebbe messo carabinieri e magistrato sulla strada giusta per risolvere il caso. Un passo falso proprio nella ricostruzione, minuto per minuto, della mattinata del 55enne, dal momento che lascia assieme a Maria la ragazzina davanti scuola, la media statale Orazio, a quando viene rintracciato dai militari e portato in caserma.
In attesa dell'autopsia sui corpi che potrebbe chiarire molte cose (la coppia ha fumo nei polmoni?), quella del delitto passionale è la pista più battuta. L'unica telecamera in funzione nella zona non avrebbe registrato il passaggio della sua Fiat 500 L confermando la tesi che a seguire Maria e Domenico non sia stato Di Natale. Almeno non con la sua auto. Altre persone potrebbero aver eseguito il piano studiato a tavolino per vendicare il tradimento. Gli stessi amici che confermano l'alibi? Certo è che Raco, originario di Molochio, Reggio Calabria, in paese qualche nemico se l'era fatto. Mariti, compagni e fidanzati traditi. Elettricista, un passato da guardia giurata, Raco a Pomezia faceva il pasticcere. Non ufficialmente. Ospite di uno zio in via Montevideo, Torvaianica mare, l'altra mattina avrebbe aspettato Maria sotto casa. Sono quattro chilometri di distanza da via San Pancrazio, dov'è avvenuto il dramma. Sette minuti da percorrere con la Fiesta di mamma Giuseppa.
Per i carabinieri i due si sarebbero visti prima del collegamento in chat, dopo le ore 8,15. Ci vogliono 17 minuti, difatti, per arrivare dalla scuola di Pomezia a casa di Raco, 10 chilometri. Alle 8,20 sono assieme, alle 8,28 si fermano nella parallela di via Siviglia al Martin Pescatore. È l'ora in cui legge Whatsapp. Cinque minuti al massimo e i due vengono ammazzati.
Altra pista, altro scenario. Domenico e Maria stanno per chiudere la loro relazione segreta. Lei non vuole continuare a vedere l'amico di famiglia. Lui non ci sta e la uccide. Come? La pistola d'ordinanza l'ha riconsegnata da tempo.
Forse la strangola, poi cosparge i sedili di benzina e appicca il fuoco. Ipotesi che solo gli esami di laboratorio sui materiali bruciati e le autopsie, che saranno eseguite in settimana a Tor Vergata, potranno confermare.
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