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Giuseppi sta a galla con il salvagente di Mattarella: "Concedi qualcosa"

Il premier costretto a cedere sulla collegialità e la task force del Recovery plan. Ma sfida M5s e Pd: "Non avete un candidato alternativo? Resto io..."

Giuseppi sta a galla con il salvagente di Mattarella: "Concedi qualcosa"

«Devi aprire, devi concedere qualcosa», così gli ha detto e ripetuto il capo dello Stato. E lui adesso apre. Via la task force, niente superpoteri ai tecnici, nessun direttorio parallelo per gestire il Recovery. «Serve una struttura efficace per attuare il piano in tempi rapidi e non perdere risorse - dice Giuseppe Conte - però in nessun caso sarà sovraordinata o sovrapposta ai doverosi passaggi istituzionali». Poi, certo, promette agli alleati «maggiore collegialità», condivisione delle scelte e magari anche un rimpastino. Ma la poltrona non si tocca, dopo Conte il premier vede solo un altro Conte. «Tanto non avete scelta - spiega ai numerosi rappresentanti di Pd e Cinque stelle saliti a consulto - Qual e il vostro candidato alternativo? Nessuno. Quindi resto». E Matteo? «Si convincerà anche lui».

La verifica, atto primo, scivola così, con i due principali partiti della coalizione che gli rinnovano l'appoggio in cambio di qualche segnale di svolta e il presidente del Consiglio che si incatena a Palazzo Chigi, facendosi forza sulla debolezza degli altri e della paura generale del voto anticipato. Bisognerà vedere se Italia viva si accontenterà di una cabina di regia depotenziata e di qualche caramella colorata: oggi il vertice decisivo. Intanto Conte è certo che, comunque vada, Renzi non romperà prima dell'approvazione della Finanziaria, il 28 dicembre, quindi prosegue con la sua solita strategia, fare promesse e prendere tempo. Parlare, mediare, rinviare. Tirare a campare.

Il giochetto dura da più di un anno e si è raffinato da quando è esplosa la pandemia, ma non potrà proseguire in eterno. Sergio Mattarella, che già lo ha spinto ad aprire subito la verifica, gli ha dato una decina di giorni per risolvere le controversie e rilanciare l'azione di governo. Occorre «serietà», insistono dal Colle, e idee chiare, perché sul piatto ci sono 209 miliardi e l'Italia non può perdere questa occasione per fare riforme attese da decenni. La gente, oggi confusa e perplessa, non capirebbe: ecco un altro punto che preoccupa il Quirinale, la distanza sempre più ampia dal Paese reale. Graziano Delrio glielo dice chiaro e tondo: Giuseppe esci, fatti un giro, guardati attorno. «Mi è capitato di vedere lo stesso film, può succedere a chi sta all'apice del governo perdere il senso della realtà. Lo dissi a Monti, a Letta, a Renzi. E ora a Conte, occorrono umiltà e ascolto».

Finora ha ascoltato, in parte, solo Mattarella, organizzando il confronto con i soci di maggioranza e ricalibrando la cabina di regia. Ma è una correzione tattica, che punta sulla convinzione che la verifica sia soltanto un teatrino. «Il Recovery play - puntualizza infatti Conte - è un piano molto ambizioso e articolato che, oltre a un'attenta progettazione richiede anche un'attuazione la più efficace possibile». La pubblica amministrazione, questo è il sottinteso, da sola non ce la fa, in Italia il tempo medio di realizzazione di un'infrastruttura arriva a 15 anni e metà degli stanziamenti europei viene lasciata scadere. «Il governo perciò è al lavoro per definire compiutamente la struttura che sarà responsabile del piano e che potrà avvalersi anche di un quadro normativo ad hoc per assicurare il pieno assorbimento delle risorse».

Insomma, replica Conte ai dubbi del Colle, non ci faremo trovare impreparati. «Il governo italiano è stato uno dei più convinti sostenitori del Next Generation Plan. Il nostro Paese deve farsi trovare pronto per sfruttare al massimo questa opportunità senza precedenti. Il governo si orienterà su tre assi fondamentali, la fiducia, le riforme e gli investimenti».

Il premier, dal suo punto di vista, ha già archiviato la verifica e parla come se dovesse restare a Palazzo Chigi altri due anni e mezzo. Andrà proprio così?

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