Politica

Giusto staccare la spina al Cocoricò?

Ecstasy, alcol e spettacoli porno con minorenni. Su quella pista da ballo «accadeva di tutto»

La battaglia fra innocentisti e colpevolisti è iniziata. La chiusura fino a novembre del Cocoricò di Riccione (ma la proprietà ha già fatto ricorso al Tar), ordinata domenica mattina all'alba dal questore di Rimini, ha mobilitato il popolo della notte. In viale Ceccarini gli adolescenti vagano increduli chiedendo ai pr delle altre discoteche: «Ma è vero che hanno chiuso il «Cocco»? E ora come facciamo?». E se il sindaco della cittadina, Renata Tosi, esulta per un «provvedimento esemplare. È la scelta giusta e questo è solo l'inizio», i titolari delle altre discoteche condannano fermamente lo stop della Piramide, «capro espiatorio per colpe che non hanno certo i locali. La droga gira, ma non è chiudendo una discoteca che si risolve il problema. Così infangano solo l'immagine della Riviera». Non credono alle accuse rivolte al locale e si affidano al tam dei tam dei social network (40mila adesioni sulla pagina «Riapriamo il Cocoricò»), sostenuti dai protagonisti della nightlife riccionese: i deejay. Molti la buttano sul ridere: «Caviglia slogata durante un calcetto tra amici. Chiusi tutti i campetti da calcio per 4 mesi». Altri sono seri come il «deejay antidroga» Aniceto per il quale chiudere il Cocoricò «è una follia. È una delle discoteche più controllate d'Italia, con più telecamere, buttafuori, sicurezza e pure un presidio medico. Spende più di 150mila euro l'anno per questo. Il resto è demagogia».

La tesi per la quale così paga uno per tutti è sostenuta anche da dj Claudio Coccoluto che, a fine giugno, ha portato lo staff del Cocoricò nella comunità di San Patrignano per una festa contro le droghe: «Si pensa davvero che questa scelta spaventi gli spacciatori? Bisogna intervenire sul fenomeno criminale». La pensa così anche dj Ralf che lavora al Cocoricò dal 1991: «La chiusura del Cocoricò è come mettere la polvere sotto il tappeto. Serve un lavoro di educazione tra i giovani. Così si criminalizza l'industria del divertimento».

Ma è anche vero che il Cocoricò non è proprio un locale come tutti gli altri. Lunga è la lista nera degli ultimi anni. Nel 2004 la morte di un 19enne per metamfetamine. Nel 2011 un 18enne subì il trapianto del fegato dopo essersi fatto di ecstasy. Nel 2012 due ragazzi finirono in coma per droghe. Arresti a decine tra cui, nel 2013, un pr per spaccio (il locale venne chiuso per 15 giorni). Nel 2014 un'altra morte sospetta. E poi l'ultimo caso di Lamberto.

In un anno e mezzo una trentina di interventi del 118, tre dei quali in codice rosso.

Commenti