Se l'opposizione è sempre costruttiva, il neo eletto è immancabilmente il presidente di tutti, come ci ha ricordato senza grande originalità un commosso Roberto Fico assurto alla presidenza della Camera. E non è detto che un'eventuale astensione a un governo che stenta a partire sia benevola o critica come quella che viene sollecitata a Forza Italia nei confronti del tandem Salvini-Di Maio.
Di questi 67 giorni di stallo dopo il voto del 4 marzo, resterà almeno ai posteri un rinnovato glossario della politica. Con un piccolo miracolo: si ritorna a scomodare le sfumature lessicali della lingua italiana quando i nuovi leader trenta-quarantenni twittano, chattano e sfornano selfie.
Fa sorridere l'evocazione di un governo neutrale, proprio nel Paese più fazioso del mondo dove ci si schiera anche sui personaggi del Grande Fratello 15. Ammirevole l'intenzione di trasformare in arbitri imparziali qualche professore sessantenne che da trenta bazzica tra baronie universitarie e ras di partito; idea suggestiva ma poco praticabile. Per non parlare dell'esecutivo di servizio, che rimanda alla signora delle pulizie o alla porta posteriore del condominio da utilizzare quando si porta l'immondizia in cortile. Siamo avvezzi alle risse perenni, alle polemiche sterili, al litigio strategico che maschera inerzie e inefficienze. Possiamo benissimo sopravvivere senza un governo di tregua.
Il passo di lato, poi, quello richiesto con boria a Berlusconi, è un concetto che cozza con il frenetico sgomitare per qualsiasi tipo di posto. Meno faticoso attirare l'attenzione mediatica con la frittata bruciata postata su Facebook con il corredo di mille faccine sgomente o con gli occhi rivolti all'insù in un tripudio di commenti insulsi. In fondo tutti amano la «parola Io» indicata già decenni fa da Giorgio Gaber come uno degli elementi degenerativi della società italiana.
Per non parlare del rinnovato richiamo alla responsabilità, nella patria dello scaricabarile, della dottrina paraculesca del «non è di mia competenza». E fa sempre un certo effetto sentire emanare un veto, roba da uomini duri poco inclini alle mediazioni sulla grandi questioni di principio.
Gli stessi veti che si pongono all'amico che ha sparlato di noi con il resto della compagnia, prima di rifare con lui l'ennesima vacanza insieme. Siamo gente da mandato pieno, noi, mica ci vendiamo per un misero preincarico.
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