Governo smentito: crescita a zero

L'Istat smonta le previsioni di Palazzo Chigi sul Pil. Ora servono altri 10 miliardi

Gian Maria De Francesco

Roma Nessuna sorpresa. L'Istat ha destrutturato l'ottimismo falsamente indotto dal ministero dell'Economia. Nel secondo trimestre del 2016 il Pil è rimasto invariato rispetto ai tre mesi precedenti, smentendo in via ufficiale le indiscrezioni filtrate da Via XX Settembre nei giorni scorsi secondo cui vi sarebbe stata una revisione al rialzo dello 0,1%. Un aggiustamento rispetto al dato preliminare del 12 agosto c'è stato ma di modesta entità: il dato tendenziale è stato alzato da +0,7% a +0,8% e così quello del Pil acquisito (la crescita che si registrerebbe se vi fosse Pil nullo nel secondo semestre) da +0,6 a +0,7%. Insomma, l'Istat non ha gettato nessuna ciambella di salvataggio al governo che ora dovrà vedere come recuperare 10 miliardi di mancata crescita nella prossima legge di Bilancio e, soprattutto, far digerire a Bruxelles, un deficit/Pil che si avvia quanto meno al 2,2%.

Il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, ha cercato di fare buon viso a cattivo gioco. «La crescita c'è anche se debole, non siamo soddisfatti ma la legge di bilancio che presenteremo ne terrà conto: la crescita si può aumentare», ha detto. Le condizioni di partenza paiono tuttavia molto sfavorevoli. Nel secondo trimestre i consumi sono rimasti fermi e gli investimenti sono diminuiti: la fotografia dell'Istat è impietosa. La domanda nazionale al netto delle scorte ha sottratto 0,1 punti percentuali alla variazione del Pil: si sono registrati contributi nulli per i consumi delle famiglie e per gli investimenti fissi lordi e un contributo negativo (-0,1%) per la spesa della pubblica amministrazione. Solo l'apporto della domanda estera netta è stato positivo per 0,2 punti (+1,9% l'export). Solo una crescita dello 0,4% nel trimestre in corso e in quello successivo potrebbe consentire all'Italia di raggiungere l'obiettivo di un +1% di Pil nel 2016, ha sottolineato Intesa Sanpaolo, ma il calo degli indici di fiducia non lascia ben sperare.

Non è un caso che Confcommercio abbia chiesto al governo di anticipare i tagli fiscali per favorire

un'accelerazione della crescita. Saranno però difficili da realizzare per un governo che non è riuscito a tagliare le spese improduttive. E che ora si ritrova alle prese con l'obbligo di una manovra da almeno 30 miliardi.

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