Il grande salto di Maroni: rinuncia alla Lombardia. Giallo sul nuovo ruolo

Il governatore a sorpresa si sfila. Potrebbe puntare a una carica di peso a palazzo Chigi

Il grande salto di Maroni: rinuncia alla Lombardia. Giallo sul nuovo ruolo

Il colpo di scena arriva alla fine. Solo che in questo caso non si tratta di una sceneggiatura, ma del comunicato congiunto diramato dopo il vertice dai leader del centrodestra. «Se davvero il presidente Maroni per motivi personali non confermasse la disponibilità alla sua candidatura, verrebbe messo in campo un profilo già comunemente individuato». Un passaggio fin troppo esplicito che di fatto ufficializza l'addio del governatore lombardo al Pirellone.

L'atto finale verrà celebrato oggi con una conferenza stampa in cui il governatore uscente Maroni spiegherà le ragioni della sua scelta e annuncerà che non si candiderà né per la Regione, né per la Camera, né per il Senato.

La voce, in realtà, girava da un paio di mesi, ma era stata sempre liquidata anche dallo stesso segretario della Lega come del tutto infondata. La comunicazione ufficiale della sua intenzione di non impegnarsi in un «bis» è stata data a Matteo Salvini, a Giancarlo Giorgetti, a Paolo Grimoldi e Attilio Fontana subito dopo Natale, spiazzando tutti i presenti. Il Carroccio si è subito rimboccato le maniche e - da quanto trapela - si sarebbe indirizzato sul profilo proprio di Fontana, un leghista moderato che in passato è stato anche presidente del Consiglio regionale lombardo e che sarebbe una sorta di punto di equilibrio tra il governatore uscente e il segretario del Carroccio. Grimoldi, in ogni caso, fa sapere che oggi pomeriggio sarà annunciato il nome del prescelto-successore.

Sul diritto della Lega a esprimere il candidato per la Lombardia, Salvini non ha dubbi né tentennamenti e nel corso del vertice sottolinea che «è ovvio che se Maroni si ritira quel posto spetta ala Lega». A Forza Italia va invece il diritto di indicare il candidato nel Lazio. Il vero giallo è capire quali intenzioni politiche abbia adesso Roberto Maroni, visto che l'opzione del buen ritiro dalla politica non è contemplata. È chiaro che una vittoria del centrodestra alle elezioni potrebbe indirizzare l'ex ministro verso eventuali incarichi di governo. Ma c'è chi si spinge oltre ipotizzando per lui un ruolo da riserva della Repubblica e addirittura un ingresso a Palazzo Chigi come nome di garanzia per la coalizione, come punto di equilibrio di un accordo forte e di legislatura. Una figura accettata anche a livello internazionale alla luce di un curriculum da ministro del Welfare, ministro dell'Interno e governatore della regione più ricca d'Europa.

Il vertice, comunque, è ricco di spunti. Viene deciso il simbolo per le liste per gli italiani all'estero con i nomi dei leader, Berlusconi, Salvini, Meloni sullo sfondo tricolore e probabilmente con lo slogan «Viva l'Italia in alto». Niccolò Ghedini presenta una mappa dei collegi con tre colori differenti, azzurro, rosa e rosso a seconda del livello di difficoltà. Azzurro per quelli considerati sicuri, rosa per quelli incerti, rosso per quelli in cui le percentuali di vittoria sono ridotte. Domani si riuniranno due commissioni: quella per il programma composta dai capigruppo (per Fratelli d'Italia oltre a Fabio Rampelli ci sarà Guido Crosetto) e quella per le candidature composta da La Russa e Francesco Lollobrigida; Giancarlo Giorgetti e Roberto Calderoli; Ghedini e Mariastella Gelmini.

In quest'ultima non sarà rappresentato Noi per l'Italia-Udc (che domani potrebbe diventare semplicemente Noi con l'Italia, mantenendo lo Scudocrociato al suo interno). Infine c'è l'idea di creare un comitato super partes per l'onorabilità delle candidature, ma i tempi per mettere in piedi questa sorta di commissione di probiviri potrebbero essere troppo stretti.

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