Il gruppo Zanetti-Verdini ci costa un milione di euro

L'idea del viceministro e del senatore farà spendere più soldi al contribuente. Orfini (Pd): "Sconcertante"

Il gruppo Zanetti-Verdini ci costa un milione di euro

Roma - Un orologio rotto segna l'ora esatta due volte ogni ventiquattrore. È perciò questo il momento del presidente del Pd, Matteo Orfini, che definisce l'impresa del sottosegretario Zanetti «inutile furbata, vicenda sconcertante, strampalatezza che crea problemi al Pd». Il fatto che anche Renzi ne fosse informato, dando il via libera, non sembra così smentire Zanetti, ma rafforza l'idea di un domino pieno di caselle «truccate».

L'ingresso di Verdini per via zanettiana al governo resta una spada di Damocle in vista del referendum nonostante il presidente del Nazareno abbia innestato la retromarcia (non si sa se per conto suo o sempre su mandato di un segretario-premier che, nel campo delle furbizie, resta pur sempre il maestro). Non solo: il costituendo gruppo parlamentare comporterà, come avviene sempre in questi casi, un aggravio di spesa per il contribuente. Se finora ogni deputato in carico al Misto riceveva la quota ripartita ogni anno dall'Ufficio di presidenza, ovvero in questo esercizio di bilancio 24mila 500 euro, nel caso in cui Zanetti e Verdini riuscissero a mettersi in proprio riunendo venti deputati, tale quota verrà raddoppiata: si arriverebbe a circa 59mila euro l'anno per i 20, ovvero un milione 180mila euro da destinare al funzionamento del gruppo per ciascun esercizio. Eppure la «bellezza» di avere un gruppo tutto per sé non sta tanto in queste dotazioni che non finiscono direttamente nelle tasche del deputato, quanto piuttosto nel «valore aggiunto»: sia politico, per il «peso» sulle scelte di governo; sia parlamentare, per via dell'ingresso a titolo autonomo di un rappresentante nell'ufficio di presidenza, nel diritto ad avere un segretario d'aula nonché nel poter chiedere di riparametrare la composizione delle commissioni.

Lo scouting di Zanetti può perciò contare su argomenti che possono essere assai «convincenti» per peones di ogni ordine e grado, deputati delusi dal loro partito, colleghi al loro ultimo giro di valzer. Una sarabanda di promesse, prebende e piccoli favori (intra ed extraparlamentari) che in queste ore viene dispiegata a piene mani. A maggior ragione, in quanto il titolare dell'iniziativa è viceministro dell'Economia e dunque capace di muovere qualche «leva» nei capitoli della spesa pubblica.

Meno preoccupante, invece, la battaglia legale tra i 16 superstiti di Scelta civica e lo stesso Zanetti, già loro segretario (un caso del genere non s'era mai verificato, entrerà nei libri di scuola).

Il capogruppo Giovanni Monchiero rimanda la battaglia sul simbolo alle Politiche (risulta ancora proprietà di Monti). È invece determinato a dare battaglia sul nome del gruppo. Deciderà a breve l'Ufficio di presidenza; considerata la fortuna riscossa, rinunciarci non sarà un gran danno: né per i contendenti, né per l'Italia.

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