Roma - Giurista, ex presidente della Consob, padre della legislazione antitrust in Italia, due volte alla guida di Telecom Italia, commissario della Federcalcio e interista sfegatato. L'avvocato milanese Guido Rossi, alla veneranda età di 84 anni, è sempre stato alla ribalta delle cronache: anche oggi è sugli scudi accompagnando, secondo quanto riferiscono le cronache finanziarie, il processo di soluzione della crisi dell'Ilva. Pochi ricordano, invece, la sua presenza a Palazzo Madama, una sola legislatura nelle file della Sinistra indipendente, costola liberal del Pci. Circostanza che gli dà diritto a un assegno vitalizio di 2.381,64 euro al mese e che, rispetto ai 79.365 euro versati (attualizzati alle cifre di oggi) ha già determinato un rosso della sua posizione previdenziale al Senato di circa 578mila euro. Non male per un intellettuale che la domenica sul Sole 24 Ore distilla preziosismi come «il capitalismo autoritario ha avuto la meglio su quello liberaldemocratico, tradito ormai dalla globalizzazione del mercato e da uno sviluppo tecnologico dirompente».
Rossi, in quanto rappresentante dell'aristocrazia finanziaria italiana (quella dei «salotti buoni», per intendersi), è in buona compagnia. Ad esempio, l'ex presidente della Regione Lombardia, Giuseppe Guzzetti, è stato senatore democristiano dal 1987 al 1994. Dopo due anni dal termine del mandato è diventato prima commissario e poi presidente della Fondazione Cariplo, l'azionista più «pesante» di Intesa Sanpaolo, la prima banca italiana. E da quindici anni guida l'Acri, l'associazione delle Fondazioni di origine bancaria e delle casse di risparmio. Il suo vitalizio, però, costa più dei contributi versati e, in questi anni, ha prodotto uno sbilancio di 700mila euro. Guzzetti è uno degli «orologiai» del capitalismo italiano: quei 3.408 euro al mese non cambiano la vita anche se egli è da sempre vicino al volontariato e al terzo settore. Nell'elenco figura anche l'ex ministro Franco Reviglio, professore universitario, ex presidente dell'Eni e soprattutto mentore di Giulio Tremonti, Domenico Siniscalco e Franco Bernabè, tutti suoi allievi. Il suo assegno da ex senatore, per quanto minimo, ha però causato alle casse di Palazzo Madama una perdita di 492mila euro.
Tra gli assidui del milieu finanziario anche l'ex rettore della Bocconi Carlo Secchi, già componente di numerosi consigli di amministrazione di società quotate. Una breve comparsa al Senato in quota centrista (oltre a un mandato da eurodeputato a Bruxelles) gli valgono però un assegno da 2.934 euro mensili. La modesta contribuzione è già esaurita e il totale erogato l'ha già superato di 365mila euro. Solo perché «pensionato» dal Palazzo da minor tempo lo sbilancio del presidente della Cassa depositi e prestiti, Franco Bassanini, è inferiore a 200mila euro. All'ex ministro si deve la riforma del diritto amministrativo, Bassanini è capofila di una lunga schiera di professori universitari transitati al Senato. Come l'ex presidente del Senato ed economista Carlo Scognamiglio (-531mila euro) e il filosofo napoletano Aldo Masullo (-638mila euro).
Non sono, tuttavia, questi i casi più eclatanti di squilibrio tra contributi e prestazioni. Palazzo Madama è lo specchio fedele della società italiana. Laticlavi di lungo corso con oltre trent'anni di carriera parlamentare, hanno lasciato l'Aula con il massimo dell'assegno (un tempo si arrivava all'85,5% dell'ultima indennità) e, grazie all'allungamento dell'età media, incidono sui conti: è il caso dei nonagenari Mario Toros (sindacalista friulano) e Remo Segnana (già presidente delle assicurazioni Itas Vita) che hanno circa 1,8 milioni di buco previdenziale. O dell'avvocato altoatesino Roland Riz che con circa 7mila euro al mese di assegno ha già ottenuto un milione in più di quanto versato. Come l'ex radicale Massimo Teodori.
Tra gli altri nomi rilevanti che si mettono in evidenza scorrendo l'elenco degli assegni vitalizi spiccano l'ex ministro leghista Francesco Speroni (-504mila euro) e la presidente dell'associazione parenti delle vittime di Ustica, Daria Bonfietti, già senatrice diessina (-210mila euro di posizione
previdenziale). Si segnalano anche l'avvocato e bon vivant Mario d'Urso, ex sottosegretario diniano con un «rosso» di 206mila euro e il sociologo antimafia Pino Arlacchi (-209mila). La politica è anche questo.(2 - continua)
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