Hong Kong, il silenzio dei Grandi

Hong Kong, il silenzio dei Grandi

Donald Trump, con il suo abituale frasario fatto di scarni concetti conditi con aggettivi emozionali, ha assicurato ai giornalisti che il G7 di Biarritz ha inviato al mondo un messaggio di straordinaria (manco a dirlo) unità. Niente di meno vero, e basta pensare alle posizioni rimaste lontanissime su Iran, guerre commerciali, cambiamenti climatici. Ma in fatto di unità su una cosa il presidente americano ha detto le cose come stanno: le Sette maggiori democrazie mondiali si sono dimostrate unitissime nel fregarsene di quella che dovrebbe essere la loro prima ragion d'essere e per incontrarsi in vertici riservati a chi ha certe carte in regola, ossia la difesa del rispetto dei diritti democratici da parte dei loro partner. Eppure avevano a disposizione un'opportunità perfetta, anzi due: a Hong Kong, da quasi tre mesi, manifestazioni popolari che sono arrivate a sfiorare i due milioni di partecipanti su una popolazione totale di sette gridano al mondo la disperata determinazione a non subire il lento strangolamento che la Cina comunista sta loro infliggendo; e a Mosca le autorità regolarmente vietano le manifestazioni dell'opposizione che protesta contro l'esclusione illegale dei loro candidati alle prossime elezioni amministrative, procedendo agli ormai regolari arresti di massa. Ebbene, a cosa abbiamo assistito a Biarritz? A una pur comprensibile allarmatissima reazione agli incendi della foresta amazzonica, con tanto di accorate pressioni sul presidente del Brasile Bolsonaro. E a nessuna reazione agli accadimenti di Hong Kong e della Russia, se si esclude un dignitoso intervento del leader canadese, in lotta con Giuseppe Conte l'Azzoppato per la qualifica di più irrilevante dei Sette. Per essere più precisi, Trump si è ampiamente dilungato sulla Cina, ma non ha degnato Hong Kong di una parola. E chissà se nei prossimi giorni, quando come sembra riprenderanno i colloqui sino-americani sulla guerra commerciale, scopriremo che ha scelto di assecondare il «brillante leader Xi Jinping» nella sua pretesa che Hong Kong altro non sia che un fatto interno cinese, o se invece cercherà almeno di usare l'ex colonia inglese come moneta di scambio in positivo, pretendendo da Pechino un impegno almeno formale a non superare certi limiti.

Non risulta poi che il premier britannico Boris Johnson abbia raccolto la richiesta dei manifestanti di Hong Kong di rappresentare la loro voce a Biarritz: troppo preso dalla Brexit. Quanto alla Russia, sì, Trump se ne è ricordato: si è detto convinto che la sua idea di invitare Putin al prossimo G7 negli Usa sia ottima. Con tanti saluti a chi va in galera per la democrazia.

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