I cinque (inutili) tuffi di un padre e un figlio per salvare la famiglia

Non hanno esitato un attimo e si sono gettati nel fango. Ma l'ultimo tentativo è stato fatale

I cinque (inutili) tuffi di un padre e un figlio per salvare la famiglia

P rima hanno tratto in salvo la piccola Camilla. Poi sono tornati indietro, per salvare dall'ondata di fango anche il fratellino Filippo e la sua mamma. Ma papà Simone e nonno Roberto Ramacciotti non ce l'hanno fatta, e un'intera famiglia che abitava in zona stadio - vicino a una delle principali arterie del traffico livornese, via Nazario Sauro - è andata distrutta. Prima ancora che sorgesse l'alba la furia delle acque ha ucciso Simone Ramacciotti di 37 anni, la moglie Glenda Garzelli di 35 e il figlio Filippo di 4 anni, che appena il giorno prima aveva festeggiato il compleanno. Insieme a loro è spirato il nonno Roberto, 65 anni, che abitava al piano di sopra della palazzina e che prima di arrendersi ha aiutato Simone a salvare la vita alla nipotina Camilla, 3 anni, unica superstite.

Solo l'eroismo di papà Simone e nonno Roberto ha evitato un bilancio ancora più tragico: pur di salvare la sua famiglia l'uomo non ha esitato a tuffarsi due volte nell'acqua gelida e melmosa, dando una mano a Simone. Ma quando l'uomo è tornato a nuoto nella casa al pian terreno ormai quasi satura di acqua e fango è rimasto imprigionato insieme al nipotino, e per lui è stata la fine. Erano entrambi salvi, papà e nonno, ma si sono rituffatati almeno cinque volte nuotando al buio nell'acqua fangosa - insidiosa come sabbie mobili con la speranza di intercettare una persona cara. L'ultima volta non sono più tornati in superficie.

Se almeno la bambina si è salvata, dunque, lo deve al suo papà e al nonno, così come al vicino di casa Marco Gazzarrini che è riuscito a prendere la piccola dalle braccia del papà e a consegnarla alla moglie, dove aver nuotato al buio e nell'acqua mista a fango e suppellettili. È stato proprio il vicino a raccontare quegli attimi drammatici, rendendo una testimonianza diretta che dà giustizia all'estremo tentativo di Simone e Roberto Ramacciotti.

«Verso le 5,40 ho sentito un rombo fortissimo e ho visto che l'acqua stava entrando con violenza in giardino e facendo crollare una parte del garage e dei muri perimetrali della casa. Aprendo la porta di casa ha ricostruito Marco Gazzarrini, con la voce ancora spezzata ho sentito le grida di aiuto proveniente dall'appartamento dei Ramacciotti. Era Simone che chiedeva aiuto: mi sono precipitato giù per le scale, trovando la sua casa già quasi colma d'acqua, fin quasi al soffitto. Mi ha dato in braccio Camilla, la bimba più piccola, e io l'ho passata a mia moglie mettendola in salvo. Poi sono tornato dentro, stavolta immergendomi in acqua per cercare di aiutare Simone a salvare gli altri suoi familiari. In quel momento è arrivato il nonno, Roberto: insieme abbiamo cercato di aiutarli, ma in casa non si vedeva più nulla, era tutto buio. Quando il livello dell'acqua ha superato la porta dell'appartamento ha aggiunto Gazzarrini - sono uscito nuotando nell'oscurità, perché dopo pochi secondi l'acqua ha aggiunto il soffitto, trasformando l'appartamento in una trappola senza via di fuga. Ho fatto il possibile, ma quando l'acqua era a 40 centimetri dal soffitto sono dovuto uscire, altrimenti sarei rimasto laggiù anche io. La bambina non si è accorta di niente, mia moglie l'ha portata a casa e l'ha messa a letto».

Lo stabile di quattro piani risalente a inizio Novecento dove si trova l'abitazione della famiglia Ramacciotti, all'angolo tra via Nazario Sauro e via Rodocanacchi, è stato posto sotto sequestro - così come il giardino - dal procuratore capo Ettore Squillace Greco.

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