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I dipendenti sono in rivolta: a rischio i tagli alle Camere

Presentati oltre mille ricorsi ai "tribunali" del parlamento. Ma i sindacati sono già pronti a rivolgersi alla Corte Costituzionale

I dipendenti sono in rivolta: a rischio i tagli alle Camere

In parlamento è rivolta. Una rivolta di massa contro i tagli decidi da Camera e Senato. A protestare sono oltre mille dipendenti che hanno presentato ricorso contro la manovra varata lo scorso 6 ottobre che taglia un migliaio di buste paga sulle oltre 2.500 staccate dal parlamento. Le sentenze dovrebbero arrivare a giorni, ma i sindacati si sono già dimostrati pronti a rivolgersi alla Corte costituzionale. E c'è già qualcuno che teme che la spending review possa andarsi a fare benedire.

Va subito detto che sia la Camera sia il Senato spendono molto di più per i dipendenti che per i politici. Un dato su tutti: alle casse di Montecitorio il personale è costato nel 2014 258 milioni di euro, mentre gli onorevoli 145 milioni di euro (rimborsi compresi). Va da sé che, dopo decenni di vacche grasse, le presidenze delle due Camere hanno deciso di darci un taglio e di rivedere sia chi porta a casa 500mila euro lordi all'anno sia chi, un po' più in basso, guadagna 90mila euro dopo appena vent'anni di servizio o 136mila euro dopo quarant'anni. Stipendi più che decorosi che adesso vanno ridotti per far risparmiare all'erario pubblico la bellezza di 384 milioni di euro. Peccato che la spending review dei dipendenti del parlamento rischi di essere affossata.

Dopo mesi di estenuanti tira e molla, le amministrazioni delle due Camere hanno varato, lo scorso ottobre, un piano di tagli graduali. Tra gli obiettivi c'è anche riportare gli stipendi più alti a quota 240mila euro. Non bisogna lasciarsi abbagliare dai numeri perché i tagli non saranno così consistenti come potrebbe sembrare. Come fa noatre Diodato Pirone sul Messaggero, infatti, "i tagli sono meno severi di quanto appaia perché fuori dal tetto restano indennità e contributi". Eppure la maggior parte dei dipendenti si sono sentiti penalizzati non appena hanno visto che lo Stato li privava di "un diritto acquisito al momento dell'assunzione". A giudicare chi ha ragione ci pensarenna, già nei prossimi giorni, i "tribunali" parlamentari sotto cui rispondono i dipendeti dei due rami del parlamento. Ma, da qualche giorno a questa parte, i sindacati starebbero meditando di rivolgersi alla giustizia ordinaria. L'obiettivo è portare il caso alla Corte costituzionale.

Che potrebbe anche dire "no" ai tagli.

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