I giallorossi: no a Berlusconi. L'ira di Salvini: basta con i veti

Letta: unica certezza fermare il Cav. L'incognita degli assenti per contagio sui quorum. Oggi Fico fissa le date

I giallorossi: no a Berlusconi. L'ira di Salvini: basta con i veti

In mancanza di un nome e di una strategia, il centrosinistra allargato ai Cinquestelle inizia a far crepitare il suo fuoco di sbarramento. Il bersaglio è Silvio Berlusconi, secondo il consueto schema della ricerca dell'identità per contrapposizione, l'obiettivo è disinnescare il tentativo del centrodestra, forte di numeri ben diversi rispetto al passato, di proporre per la prima volta un proprio candidato. Il leader del Pd lo ha ribadito anche ieri: l'unica certezza è il no al Cavaliere.

Se il contesto generale è ancora avvolto nelle nebbie, una prima luce si accenderà nella giornata di oggi con la definizione del calendario. Nelle prossime ore arriverà, infatti, la convocazione da parte del presidente della Camera, Roberto Fico, del Parlamento in seduta comune per l'elezione del nuovo Capo dello Stato, con l'apertura delle danze probabilmente fissata per lunedì 17 gennaio. La narrazione giornalistica al momento resta invariata e racconta di un contesto in cui vengono individuati e riconosciuti due soli sfidanti naturali in campo, Silvio Berlusconi e Mario Draghi. Nella realtà tra i due non c'è alcuna contrapposizione e nessuno dei due si è formalmente candidato. Lo stesso centrodestra che, numeri alla mano ha diritto a fare la prima mossa, finora non ha fissato alcun vertice. Matteo Salvini lavora intanto per un obiettivo di sistema. Il leader della Lega riservatamente è al lavoro per riunire i leader di tutti partiti e organizzare un incontro, per condividere quantomeno un metodo sul prossimo voto per l'elezione del nuovo capo dello Stato. «Mentre Letta mette veti e perde tempo, la Lega lavora per fare veloce e perché tutti siano coinvolti, nessuno escluso, per una scelta così importante per tutti gli Italiani». Così dal Carroccio si commentano le reazioni fatte filtrare dal Pd.

Nelle conversazioni tra i leader la data spartiacque viene individuata nell'assemblea del Pd prevista per il 13 gennaio. Nel centrodestra c'è un accordo di massima per vedersi subito prima dell'assemblea, ma qualcuno suggerisce di vedersi dopo per verificare se dalla riunione emergerà una candidatura ufficiale oppure se si resterà su una indicazione generica. Silvio Berlusconi in questi giorni è ad Arcore dove trascorre le feste. «Siamo ancora nella fase della valutazione e dell'attesa» spiegano da Forza Italia. Comunque nonostante quanto detto da qualcuno, non ci sarà nessun annuncio o messaggio televisivo perché «al Quirinale non ci si candida, ma eventualmente si viene candidati».

Se il centrodestra ragiona su come mettere sul tavolo la carta Berlusconi, il centrosinistra si limita all'ostruzionismo. «Berlusconi divide, visto che sia Enrico Letta per il Pd che Giuseppe Conte per i Cinquestelle hanno spiegato che i loro partiti non potrebbero votarlo» dice Luigi Zanda alla Stampa. Il segretario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni annuncia tra gli obiettivi per il 2022 quello di «non permettere l'elezione di Berlusconi al Quirinale». E oggi tornerà in campo, direttamente dal 2011, addirittura il Popolo viola per gridare il suo no al Cavaliere a Piazza Santi Apostoli a Roma.

Se il Pd percorre la comoda strada dell'antiberlusconismo d'annata, i Cinquestelle tentano di giocare la carta «rosa». Dopo la sortita di Giuseppe Conte, è il ministro dell'Agricoltura Stefano Patuanelli a dichiarare al Piccolo che al Quirinale «serve una persona con altissime qualità etiche e istituzionali. Per il M5s è giunta l'ora di un profilo femminile e l'obiettivo è un'ampia convergenza». Il centrodestra però appare piuttosto quadrato e tutt'altro che intenzionato a cadere in quello che viene definito senza mezzi termini come «un tranello». L'ultimo ostacolo è quello rappresentato dal Covid e dalla variante Omicron.

Come spiega Stefano Ceccanti, deputato Pd e professore di Diritto pubblico, «la maggioranza dei due terzi dei primi scrutini è di 672 grandi elettori con 1.007 grandi elettori. Quella assoluta è di 504 con 1.007. Gli assenti non cambiano i quorum richiesti. Quindi più assenti ci sono, a regole immutate, più è difficile superare i quorum».

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