I giallorossi in ordine sparso È rissa anche sulla giustizia

Il dem Orlando stronca la riforma Bonafede: "Non va". Di Maio trema: "Spero che il Pd non sia come la Lega"

I giallorossi in ordine sparso È  rissa anche sulla giustizia

Secondo giorno di vita del Conte bis, seconda giornata di scontro tra Pd e Cinque stelle. Dopo Tav, Gronda e Autostrade, la maggioranza litiga sulla riforma della Giustizia. Mentre Luigi Di Maio, capo politico del M5s e ministro degli Esteri, mette subito in chiaro le cose in un vertice a porte chiuse con i ministri grillini: «Dite al Pd di non comportarsi come la Lega». Il vicesegretario del Pd Andrea Orlando, dal canto proprio, minaccia: «Con gli ultimatum non si va avanti».

Una guerra di veline e ultimatum tra i due soci dell'esecutivo Conte. Sembra esser ritornati ai giorni della trattativa per la formazione dell'esecutivo giallorosso. Quando Pd e M5s si scontravano per le poltrone. Anzi, pare che da ieri il ministro della Cultura Dario Franceschini sia ritornato alla carica con il premier Giuseppe Conte per ottenere la nomina di vicepremier.

A render il clima ancor più rovente nella maggioranza, la scomunica de Il Fatto Quotidiano contro Roberto Garofoli, in pole per assumere la poltrona di capo di gabinetto al ministero delle Finanze, guidato da Roberto Gualtieri, e Salvo Nastasi, che occuperà la stessa poltrona al Mibact. Intanto a Palazzo Madama cresce il malcontento tra i senatori grillini.

Sono però scintille che fanno da contorno al fuoco vero, che si riaccende sul tema giustizia. Con toni identici ai tempi in cui i grillini sedevano in maggioranza e i dem all'opposizione. È la giustizia il nuovo terreno di scontro nell'alleanza Pd-M5s. Il numero due del Pd Orlando, ex ministro della Giustizia dei governi Renzi e Gentiloni, in un'intervista a La Stampa smonta la riforma della giustizia del grillino Alfonso Bonafede. «Non si può pensare che un nuovo governo prenda per buono un testo che è stato costruito da due forze politiche che non ci coinvolsero minimamente, e di cui una era la Lega. È ragionevole che si ricominci la discussione». Poi affonda il coltello contro la cancellazione della prescrizione, cavallo di battaglia della propaganda dei Cinque stelle: «Un errore la drastica cancellazione della prescrizione, ma dobbiamo discuterne». Orlando manda poi un messaggio agli alleati: «I nodi non si possono sciogliere a colpi di ultimatum sui giornali, ma sedendo a un tavolo e discutendo». Idea espressa anche ieri, durante il cordiale colloquio telefonico avuto con il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. Ed infine difende la sua legge sulle intercettazioni, che Bonafede ha bloccato definendola un bavaglio per l'informazione: «Credo si tratti di propaganda, nel mio testo non c'era nessuna sanzione per i giornalisti. Su due tre cose siamo d'accordo e possiamo cominciare a lavorarci subito. Intanto, possiamo discutere per trovare un'intesa su quello che ci vede distanti». L'ex Guardasigilli corregge poi il tiro, contestando il titolo de La Stampa ma resta il contenuto del suo intervento. Contenuto che non sarà stato apprezzato negli ambienti pentastellati. Dal Movimento non arriva alcuna replica alle parole dell'ex ministro della Giustizia. Segnale che il tema è divisivo e rischia di aprire un'altra frattura insanabile in una maggioranza fragile.

Debolezza che

Matteo Renzi, primo sostenitore dell'alleanza giallorossa, avrebbe sottolineato nei colloqui con i suoi parlamentari: «La legislatura arriverà al 2023. Ma non so se Conte reggerà». Tradotto in renziano: «Giuseppe stai sereno».

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