Mi scrive Alia Englen, per anni ispettore della Soprintendenza nel territorio di Amatrice. Ed è un richiamo alla vigilanza, sia rispetto alle opere d'arte in pericolo sia rispetto alla ricostruzione, per la quale io ho invocato, invece della solita demagogica autorità anticorruzione, una pertinente e competente autorità per il restauro, con indicazioni e metodi di principio e valutazione delle situazioni specifiche, ad evitare crimini come la distruzione di edifici storici con l'uso della dinamite, come è accaduto, dopo il terremoto in Emilia, a Sant'Agostino, vicino a Ferrara, dove è stato minato e fatto saltare, con ebete euforia ed esaltazione di barbari cittadini, l'edificio del Comune, una bella architettura dell'800 che poteva essere recuperata, come sa qualunque buon strutturista il quale non cerchi soluzioni sbrigative e distruttive. Un vero crimine di Stato, cui hanno concorso il Sindaco di Sant'Agostino e il ministro dell'Interno.
Ora, avvedutamente, il sindaco di Amatrice è di opposto parere, e vuole per la sua città la ricostruzione «com'era e dov'era», applicata, fra gli altri casi, al Teatro La Fenice a Venezia e al Teatro Petruzzelli di Bari, letteralmente distrutti dal fuoco. Alia Anglen potrà essergli utilissima, e io sono disponibile a sostenerne l'impresa e l'intransigenza: «Carissimo Vittorio, sono Alia e ho il cuore e la mente a pezzi per Amatrice. Quella mattina stavo partendo per Amatrice. Seguivo ancora i lavori, sebbene io sia in pensione. Di Amatrice conosco persone, voci, paesaggi, anche le pietre. Sunt lacrimae rerum. Unica consolazione: di Accumoli e Amatrice ho schedato tutto, anche i paesaggi. Ho saputo che il ministro ha parlato di 260 opere, quando nella sola Amatrice ci sono più di 100 chiese e circa 3500 pezzi... Ti prego di farti vivo con me. Alia». Lo faccio, anche pubblicamente, ora.
Voglio aggiungere, poco lontano da Arquata, per i richiami della memoria, il meraviglioso sito di Castel di Luco, in prossimità di Acquasanta: una costruzione fortificata, di insolita forma ellittica, sulla sommità di uno sperone di travertino, ora ferita negli interni affrescati. È dolorosa la vanificazione degli sforzi dei proprietari che da anni stavano amorevolmente restaurandola, senza finanziamenti pubblici. Da loro ho ricevuto un messaggio intenso e lacerante, che lega intrinsecamente uomini e cose, morti e feriti, anche nelle pietre: «Le ferite del castello sono sul mio corpo e nella mia anima».
Ancora, vale ricordare, davanti a tanti esempi negativi ed errori nei diversi modelli di ricostruzione, la scelta «antica» di Noto, dopo il terremoto del 1693 con la distruzione di Noto antica: la (ri)costruzione in trasferimento della Noto nuova, in stile barocco.
Ora, il terremoto impone una rigorosa decisione per Amatrice a Arquata, da ricostruire integralmente (con l'eccezione delle brutte architetture moderne) in loco, come erano e dove erano, chiesa per chiesa e palazzo per palazzo, sul modello friulano di Gemona e Venzone, e su quello umbro di Nocera Umbra. Meno difficile la riparazione, come per persone ferite, nelle restanti aree delle Marche, e in Umbria. A Matelica si registrano danni non gravi nella monumentale chiesa di San Francesco. Analogamente, a San Severino Marche, la meravigliosa Villa Servanzi Collio mostra gravi lacerazioni agli affreschi negli ambienti interni. A scendere, fino al confine con l'Umbria, vi sono ferite e cadute in edifici religiosi, a Camerino, a Ussita, a San Ginesio, a Castelsantangelo, a Visso e anche nel santuario di Macereto, a oltre mille metri, con gravi danni alle superfici murarie e agli affreschi.
Arrivati in Umbria, trascurata nelle ricognizioni, nella città alta di Preci la parete sopra il museo della chirurgia, nel consiglio comunale, mostra vaste lacerazioni. La mirabile Abbazia di sant'Eutizio, romanica e gotica, ha cadute di blocchi di pietra dalla facciata e vistose crepe e crolli all'interno. A Norcia il tessuto urbano è integro, ma si registrano gravi squarci nella volta del presbiterio a Sant'Agostino e spostamenti di blocchi di pietra sulle facciate di santa Maria argentea e della mirabile basilica di san Benedetto, con estese lacerazioni di intonaco e pietre dai cornicioni e dall'altare del transetto sinistro, all'interno, pur dopo gli interventi recenti per il terremoto del 1997.
Ad Amelia, lontana dall'epicentro del cratere, ho comunque osservato cadute
di porzioni di affreschi in palazzo Petrignani e nella sala della Ninfa nel Teatro sociale. L'area del terremoto dovrà dunque, per gli interventi di restauro, essere estesa, oltre alle Marche e al Lazio, anche all'Umbria.
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