I renziani dormienti in attesa. Sala si sfila dagli "acquisti"

Lotti, Marcucci e Guerini quinta colonna dell'ex leader dentro il Pd. Il sindaco di Milano: "Vuole comandare"

Maurizio Martina con Graziano Delrio, Ettore Rosato e Lorenzo Guerini
Maurizio Martina con Graziano Delrio, Ettore Rosato e Lorenzo Guerini

A metà del guado tra Pd e renziani passati in Italia Viva c'è una terza tipologia, i renziani dormienti. Sono fedelissimi del leader fiorentino o comunque esponenti del Pd in auge nella stagione renziana che per motivi misteriosi non lo hanno seguito nella scissione, ma che restano al balcone in attesa di capire come evolve la situazione e cosa convenga fare. Se l'alleanza di governo con il M5s prendesse una brutta piega, ipotesi plausibile, e invece la creatura di Renzi si rafforzasse al centro, ci metterebbero un attimo a mollare il Pd per passare dall'altra parte. Nel frattempo, stanno fermi e fungono da quinta colonna dentro il Pd per l'ex premier.

Luca Lotti, rappresentante del giglio magico renziano, spiegherà più avanti il motivo per cui non ha seguito Renzi: «Resto nel Pd, lo confermo e lo ribadisco. Il perché lo scoprirete più tardi» ha detto senza anticipare l'arcano. Un altro renziano della prima ora come il capogruppo al Senato, il toscano Andrea Marcucci, alleato di Renzi fin da quando era solo il rampante presidente della Provincia di Firenze, resta fermo ma con le antenne dritte. Dice che «l'amico Matteo» ha sbagliato ad uscire dal Pd dove «mi sento ancora a casa mia». Ma Marcucci aggiunge anche che il Pd non sarebbe casa sua ad ogni condizione: «Se si dovesse trasformare in un soggetto politico più vicino ai Ds (che poi è l'accusa che rivolge al segretario Zingaretti, ndr), mi sentirei un estraneo». Insomma per ora resto ma vediamo che succede, se tornassero D'Alema, Bersani e soci il numero di telefono dell'«amico Matteo» ce l'ha. Da notare che la corrente piddina in cui milita Marcucci, Base riformista, è la stessa di Lotti e di un altro renziano in stand by, il ministro Lorenzo Guerini. La loro corrente punta ad ottenere più peso (poltrone) nella segreteria Pd attraverso un congresso straordinario e per il momento non ha interesse a creare ulteriori tensioni nella maggioranza col passaggio di un ministro e un capogruppo ad un altro partito. Ma i canali restano aperti e il pressing di Renzi è incessante. «Matteo sta chiamando tutti personalmente. Ma il calcio mercato si è chiuso e quello di riparazione riapre a gennaio» dice una fonte Pd all'AdnKronos. Il piano di contare di più dentro il Pd, in cambio della fedeltà, è il motivo che spiega perché altri renziani come Anna Ascani (viceministro del governo Conte) e Graziano Delrio siano rimasti dentro.

Il fronte (ex) renziano più ostico all'arruolamento invece è quello dei sindaci. Persino Dario Nardella, politicamente parlando un prodotto renziano, gli ha dato il due di picche. Giorgio Gori, sindaco di Bergamo e altro leopoldino della prima ora, non vuole far parte di un «partito personale» i cui pretesti sono «deboli»: «Preferisco fare la battaglia riformista in un partito plurale e contendibile». Ancora più duro è stato il sindaco di Milano Giuseppe Sala che pure deve la sua candidatura a Renzi allora segretario del Pd dopo il successo di Expo: «Renzi è alla ricerca di uno spazio politico» ma «le ragioni non sono facili da decifrare». «È chiaro - ha aggiunto - che Renzi stia meglio in una realtà che risponde totalmente a lui piuttosto che in una realtà collaborativa, questo fa parte delle caratteristiche dell'uomo» dice Sala. In attesa di sviluppi sono anche i piddini in Europa.

Per ora gli eurodeputati Dem sono rimasti fedeli al partito, anche per non perdere poltrone importanti come la vicepresidenza del gruppo S&D (Socialisti e democratici) a Bruxelles per Simona Bonafè. Prevale «il dispiacere» per la separazione, ma - assicura Alessandra Moretti - «ci sarà una riflessione». Come dire, le porte (girevoli) sono aperte.

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