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I rottamati assestano il primo ko al premier

Rosy Bindi in un colpo solo fa più danni dell'intera minoranza dem durante questi lunghi mesi di presunte barricate sull'Italicum o sul Jobs Act

I rottamati assestano il primo ko al premier

Il primo, vero smacco a Matteo Renzi porta la firma di Rosy Bindi. Che in un colpo solo riesce a fare non solo più rumore ma anche più danni dell'intera minoranza dem durante questi lunghi mesi di presunte barricate sull'Italicum o sul Jobs Act. Una bomba, quella lanciata dalla presidente della commissione Antimafia, che deflagra a metà giornata, con conseguenze del tutto inattese. Non tanto per il merito della questione, quanto perché la trattativa per far togliere Vincenzo De Luca dalla lista dei cosiddetti impresentabili va avanti fino all'ultimo, con il premier che ancora ieri mattina era convinto di riuscire a limitare i danni. Ecco, forse, la ragione della durissima reazione del gruppo renziano, primo in ordine di tempo Ernesto Carbone, anche lui componente dell'Antimafia, che accusa la Bindi di «violare la Costituzione» e «piegare la Commissione a vendette interne di corrente politica».

In effetti, la tempistica (a tre giorni dal voto, vigilia del silenzio elettorale) e le modalità (la lista non è stata votata dall'intera Commissione ma redatta dalla sola Bindi in quanto presidente) qualche perplessità la lasciano. Dubbi che per Renzi sono invece la certezza di un deliberato tentativo di affondare la corsa di De Luca alla presidenza della Campania nella speranza di un arretramento complessivo del Pd e, dunque, del suo leader. E in effetti quello della Bindi è un pugno nello stomaco che fa male. Per certi versi inevitabile, visto che prima o poi doveva succedere che una delle tante vittime che Renzi ha sacrificato sull'altare della rottamazione decidesse di ricambiare la cortesia. Da Romano Prodi a Massimo D'Alema, passando per Enrico Letta e Pier Luigi Bersani, alla fine chi è riuscito nel colpaccio è la Bindi. Che, non a caso, viene difesa proprio da Bersani oltre che da Stefano Fassina e dall'ormai ex Pd Pippo Civati. Solo loro, tutti gli altri o tacciono o gli danno addosso con toni simili a quelli usati da Carbone.

Comunque andrà a finire la partita elettorale - che Renzi vinca 6 regioni a 1, 5 a 2 o solo 4 a 3 (risultato improbabile quanto disastroso) - ieri per il premier è arrivata la prima, vera sconfitta interna al Pd. L'impatto della vicenda degli impresentabili su un leader che si è sempre fatto vanto di rottamare il passato e i vecchi metodi di selezione della classe dirigente si farà infatti sentire.

E, con ogni probabilità, è destinato ad avere più di uno strascico.

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