I timori del Colle: a rischio esecutivo e legge elettorale

La spaccatura non "scandalizza" Mattarella. I dubbi sul voto con due sistemi diversi

I timori del Colle: a rischio esecutivo e legge elettorale

Roma - Telefonate, consigli, felpate pressioni. E l'ultima mediazione, affidata a Dario Franceschini perché, come spiega il ministro dei Beni Culturali «non ci si può spaccare per una questione di date». Servirà? Vedremo. Sergio Mattarella, raccontano, «non è scandalizzato» dalla probabile scissione del Pd, in politica succede, però è preoccupato per le conseguenze su Palazzo Chigi. Il governo Gentiloni, che già è appeso a un filo, reggerebbe al big-bang del centrosinistra? E che fine farebbe la riforma elettorale?

Il capo dello Stato, lo ha detto diverse volte, non considera un tabù sciogliere il Parlamento prima della scadenza, se la situazione lo richiede, se la maggioranza si squaglia, se non ci sono alternative solide. Però si pone alcune domande: si può mandare il Paese alle urne adesso, alla vigilia di importanti appuntamenti internazionali, con il rischio di una procedura europea di infrazione per il debito? E poi, si possono davvero aprire i seggi in queste condizioni, con due sistemi di voto disarmonici, slegati, contraddittori, con la prospettiva partorire di due maggioranze diverse alla Camera e al Senato e una conseguente ingovernabilità?

Insomma, i timori del presidente non riguardano tanto la salute e il futuro del Pd quanto il clima politico generale. La separazione infatti potrebbe essere come la scissione dell'atomo, non nel senso che intendono alcuni della maggioranza renziana, cioè che alla fine riguarderebbe pochi parlamentari, bensì nel senso opposto: un'esplosione nucleare, uno choc fatale al governo e alla legislatura. Se le due anime del Nazareno si dividono, continueranno tutti a sostenere l'esecutivo Gentiloni? Si potrà approvare una manovra che piaccia sia ai lealisti che agli scissionisti?

E il governo, dal punto di vista del Colle, ha ancora molte cose da fare. Oltre a favorire un'intesa tra i partiti per varare una riforma elettorale che recepisca i rilievi della Consulta, ci sono parecchi altri impegni in agenda: gli interventi sui giovani e il lavoro, l'aiuto ai terremotati del centro Italia, i conti pubblici da sistemare per evitare problemi con la Commissione Ue, la legge di stabilità.

Quindi calma e gesso. In un messaggio a Sinistra Italiana, Mattarella indica come valore «il riconoscimento delle diversità e delle libertà di tutti». Eppure ogni giorno che passa sembrano ridursi i «fattori di coesione» che in una situazione normale dovrebbero essere dettati dal superiore interesse generale. In un quadro sempre più precario, ora ci si mette pure la scissione del Pd.

Ma in una simile situazione - questa è la principale angoscia del Quirinale -, se non si può scommettere sulla sopravvivenza del governo, come si può realisticamente immaginare che il Parlamento riesca a varare regole di voto omogenee per le due Camere, come richiesto dalla sentenza della Corte Costituzionale?

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