I vertici di Autostrade ricusano il giudice. Il processo di Genova già a rischio stop

La Gup si è occupata di alcuni imputati. L'udienza è fissata per venerdì

I vertici di Autostrade ricusano il giudice. Il processo di Genova già a rischio stop

L'udienza preliminare per il crollo del ponte Morandi e la morte di 43 persone (14 agosto 2018) inizia nel peggiore dei modi. Gli avvocati difensori di Giovanni Castellucci, ex ad di Aspi, Paolo Berti, ex direttore generale, Michele Donferri Mitelli, ex direttore generale delle manutenzioni e gli ex dirigenti e tecnici Stefano Marigliani, Massimo Meliani e Paolo Strazzullo, chiederanno la ricusazione del giudice per l'udienza preliminare Paola Faggioni chiamata, venerdì, a decidere su chi mandare a processo, chi prosciogliere e di chi accettare la richiesta di un eventuale rito abbreviato dei 61 imputati (59 più due società, Aspi e Spea).

Per chi non lo sapesse la ricusazione è un atto mediante il quale una parte chiede la sostituzione di un giudice. È una facoltà concessa alla parte quando il giudice non appaia credibile nell'esercizio delle proprie funzioni poiché è minacciata la garanzia di imparzialità e terzietà del giudizio. In questo caso il giudice Faggioni avrebbe già giudicato gli imputati in un altro processo. Secondo i legali il magistrato non può giudicare stavolta in quanto si era già pronunciata su alcuni degli imputati e direttamente anche sull'inchiesta del ponte Morandi. Gli avvocati sostengono che il giudice non possa decidere se rinviare o meno a giudizio gli imputati perché nel 2019 era stata proprio lei a firmare l'ordinanza di custodia cautelare con cui vennero messi agli arresti domiciliari Castellucci e gli ex vertici di Aspi nell'ambito dell'inchiesta sulle barriere fonoassorbenti pericolose. Dopo il crollo la guardia di finanza aveva, infatti, avviato altre indagini anche sui falsi report sullo stato di salute dei viadotti liguri, sulle barriere fonoassorbenti pericolose e sulle gallerie: nel registro degli indagati finirono le stesse persone e cioè gli ex vertici di Aspi e Spea. Il giudice Faggioni, sostengono i legali, in quel provvedimento espresse una valutazione anche sul complessivo quadro emerso dalle indagini svolgendo considerazioni anche sui fatti relativi all'inchiesta principale. Ed è proprio per questo che hanno pensato alla strategia della ricusazione che verrà presentata alla Corte di appello in apertura dell'udienza preliminare.

Il giudice nei cui confronti è proposta la ricusazione, in questo caso la Faggioni, non può più pronunciare sentenza fino a che non è stata dichiarata inammissibile o rigettata la richiesta di ricusazione. Inoltre, il giudice chiamato a decidere può ordinare al giudice ricusato di sospendere le attività processuali o di compiere solo quelle urgenti. Se tale ordinanza non viene emessa il processo proseguirà fino a che non si decide della ricusazione. In caso di accoglimento il giudice ricusato verrà sostituito da un altro magistrato. E il giudice che decide della ricusazione stabilisce anche quali atti o quale parte degli atti rimangono in piedi e saranno proseguiti dal nuovo giudice.

Insomma, la richiesta di ricusazione, se accolta, rischia concretamente di allungare ulteriormente i tempi del processo in quanto bloccherà l'inizio dell'udienza preliminare. Con lo spettro della prescrizione che aleggia e sulla quale puntano gli allora vertici di Autostrade per farla franca anche stavolta.

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