Pierluigi Bonora
Avvocato Fresco, l'Italia ha perso un grande protagonista, un manager che lascia un'impronta indelebile, difficilmente replicabile. Come sarà l'Italia senza Marchionne?
«È difficile dare una risposta - afferma Paolo Fresco, presidente di Fiat Group dal 1993 al 2003, chiamato da Gianni Agnelli come successore di Cesare Romiti, per poi passare il testimone a Umberto Agnelli-: senza dubbio è una perdita importante per Fca e per tutto il gruppo che fa capo a John Elkann».
E come vede il futuro di Fca senza Marchionne alla guida?
«Continuerà il suo percorso, anche se è una perdita difficile da assorbire. Credo, però, che in Fca abbiamo le capacità di farlo. All'interno ci sono persone in gamba grazie alla lungimiranza e alla leadership di Elkann e Marchionne».
Un manager abilissimo, soprattutto nella finanza.
«Non c'è dubbio. Ma tutti noi siamo dei mortali e sta nel patto che il mondo possa proseguire anche senza di noi».
A rimpiangerlo saranno anche coloro che hanno cercato sempre di osteggiarlo?
«I ben pensanti di destra e di sinistra lo rimpiangeranno. Tutti i personaggi importanti calamitano sentimenti anche feroci».
Il più «americano» tra lei, che è stato ai vertici del colosso General Electric, e Marchionne?
«Siamo analoghi, ma avrei dovuto conoscerlo meglio per dare una valutazione. A caratterizzare entrambi la visione mondiale e globale molto simile».
Vi conoscevate bene?
«L'unica volta che ci siamo sentiti è stato a proposito dell'accordo tra Fiat e Gm, nel 2005».
Lei appassionato di scacchi, lui di poker e solito anche a giocare al buio.
«A unirci, seppure con passioni diverse, è stata la capacità di negoziare. La trattativa è stato il punto forte di Marchionne e, in tutta modestia, anche il mio».
Per esempio?
«In General Electric mi sono occupato delle principali acquisizioni e cessioni aziendali. L'episodio più importante per l'Italia è stato l'operazione Pignone (nel 1993 nell'ambito della privatizzazione della controllante Eni il Nuovo Pignone fu venduto alla Ge, ndr) della quale se ne è sempre sottolineata la grande portata».
Il colpo messo di Marchionne si chiama invece Chrysler.
«Semplicemente meraviglioso. Il buon negoziatore e l'operazione finanziaria sono strettamente legati dalla possibilità di cogliere l'occasione propizia. Insieme all'abilità di raggiungere l'accordo nell'interesse di tutti e il coraggio di montare sul cavallo in corsa senza lasciarselo sfuggire».
Senza il matrimonio con Chrylser, la Fiat avrebbe rischiato di sparire?
«Credo che Marchionne avesse ragione nel sostenere questo».
L'Italia darà del filo da torcere al nuovo ad Mike Manley?
«Non conosco Manley. Credo, comunque, che il fatto di non essere italiano rappresenti una difficoltà in più. Ma è pur vero che Fca è ora un gruppo globale con un'importantissima presenza in Italia».
Il quale dovrà affrontare lo scoglio dazi.
«Dai dazi non ho mai visto portare miglioramenti alle condizioni commerciali internazionali. Spero che prevalga in buon senso».
E la put option siglata ai tempi dell'accordo Fiat-General Motors che lei ha lasciato in eredità a Marchionne?
«Era stata negoziata con il completo assenso dell'Avvocato. Mi disse che se l'avessimo esercitata, sarebbe dovuto avvenire una volta che lui fosse morto. Ma, come vediamo, non è stato necessario».
Il gruppo Fca riuscirà a camminare da solo?
«Fca è arrivata al punto di trovarsi abbastanza solida da sopravvivere da sola. Ma la strada, come diceva Marchionne, non è stata ancora completata. Per ultimare l'opera ci vuole un'altra alleanza. Importante è che il Lingotto ora non sia più sbilanciato su Italia e Brasile, e con linee di produzione forti solo nel basso di gamma. Con Chrysler e la sua rete Usa adesso Fca è da Champions».
Alcuni analisti danno 12-18 mesi di tempo per raggiungere questo obiettivo, pena la perdita di valore di Fca.
«Nel mondo degli affari è difficile restare allo stesso livello: o si va meglio o si va peggio. Bisogna continuare ad adeguarsi ai tempi e rispondere alle sfide quotidiane».
Auto elettriche, a guida autonoma e connesse: il suo punto di vista.
«È un tema al di sotto del mio livello di competenza».
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