Partiamo da un punto fermo. Aver fatto capire meglio agli italiani cosa fosse la camorra è un'opera meritoria di Roberto Saviano. Un'opera ampiamente riconosciuta. Poi, però, esistono altre questioni ed esistono le sentenze della magistratura. Iniziamo dalle altre questioni. L'altroieri il giornalista americano Michael Moynihan ha pubblicato, sul sito Daily Beast un lungo articolo in cui ha esaminato l'edizione a stelle e strisce del secondo libro di Saviano, ZeroZeroZero (pubblicato in Italia per Feltrinelli con decisamente minor successo di Gomorra ). Moynihan ha segnalato almeno 9 punti del volume in cui, a suo dire, il testo assomiglia stranamente ad altre fonti giornalistiche. E spesso la somiglianza, che Moynihan permette di confrontare allegando gli stralci, si estende per svariati paragrafi. Nel testo però delle apparenti fonti delle informazioni - leggasi il lavoro di colleghi giornalisti che a volte sul campo rischiano di brutto - non c'è traccia. Sembrerebbe tutta farina del sacco di Saviano non de El Faro , Lo s Angeles Times , The Village Voice , St. Petersburg Times , Notimex ... E questa cosa proprio non è andata giù a Moynihan, abituato ad un giornalismo Usa che, tra pregi e difetti, si basa sul fact checking e la citazione delle fonti.
Ieri Saviano ha risposto con una doppia pagina su Repubblica alle accuse. Si potrebbe dire che Moynihan ha già ottenuto un risultato. Chi in Italia aveva già rilevato anomalie di questo tipo, anche se non così estese, come avevano fatto Federico Varese sulla Stampa e Il Giornal e , non si era visto fornire lumi. Certo, leggendo la replica c'è da restare un po' perplessi. Una delle frasi che resta più impresse: «È chiaro o no perché mi si attacca? Perché sono un simbolo da distruggere». O anche: «Insomma: prima mi si accusa di riportare notizie che esistono, ma prese da altri. Poi di avere inventato, perché ciò che scrivo è troppo perfetto. E a voi tutto questo non sembra l'ennesimo, furbo (ma poi nemmeno tanto) modo per delegittimarmi?». Con queste frasi un po' sibilline cosa vuol suggerire Saviano? Il Daily Beast, un sito di informazione piuttosto apprezzato, sarebbe parte di una specie di congiura per levare autorevolezza a una icona della lotta al crimine? Moynihan una pedina magari finanziata dal narcotraffico offeso? Eh sì perché, si sa, se c'è qualcosa che terrorizza i narcos che controllano mezzo continente è un libro che in Italia ha venduto tanto (ma sotto le aspettative) e negli Usa si vedrà. Allora bisogna avvisare Saviano che nella congiura c'è dentro anche Mark Bowden del New York Times che già a luglio aveva avuto dubbi sulla veridicità di uno dei suoi personaggi... E per di più come dovrebbe funzionare la cosa? Se un autore ha scritto di camorra e narcotraffico nessuno può più dir nulla per l'eternità perché altrimenti passa, automaticamente, dalla parte dei cattivi? Magari qui da noi, dove siamo abituati alle santificazioni, è così. Ma negli Usa, no. Comunque tanto basta per far incassare a Saviano tanta solidarietà, da Gad Lerner - «Non sorprende, purtroppo, l'accanirsi di un vasto gregge di giornalisti mediocri contro Roberto» - a Fabio Fazio - «Caro amico mio, @robertosaviano, uniti anche in questa circostanza. Ammirazione per il tuo coraggio e per la tua onestà intellettuale» - passando per il suo stesso editore, Carlo Feltrinelli: «Piccole polemiche effimere a differenza dello straordinario lavoro di @robertosaviano. Coraggio Roberto! #Saviano». Qualcuno dovrebbe dire a Lerner che, forse, la cosa strana è che molte testate abbiano dedicato pochissimo o nessuno (il Corriere ) spazio alla faccenda (e meno ancora, e con titolazioni surreali, al processo per il plagio in Gomorra ).
Ma tornando a Saviano... Nel resto del pezzo di risposte puntuali agli appunti di Moynihan, invece, ce ne sono pochine. Tra i tanti presunti calchi contestati, Saviano risponde soltanto su uno, relativo al Los Angeles Times . Sarebbero soltanto dati «ed è difficile dare queste informazioni in maniera diversa». E poi rincara: «Attenzione a questo passaggio: le informazioni sono di dominio pubblico e non appartengono a nessun giornale perché sono fatti». Tutto vero, Moynihan non ha niente contro l'uso dei dati, vuole solo che siano citate le fonti. Un po' come i giudici della Corte di cassazione per quei tre brani di Gomorra contestati. E i giudici hanno una idea un po' diversa da Saviano sulle informazioni, se le si riporta identiche identiche a quelle di un giornale. O anche solo se le si cambia un pochino ma quelle sono: «Quando si tratta di valutare se c'è o no contraffazione non è determinante, per negarla, l'esistenza di differenze di dettaglio: ciò che conta è che i tratti essenziali che caratterizzano l'opera anteriore siano riconoscibili nell'opera successiva». Insomma la legalità, di cui Saviano è un paladino riconosciuto, vorrebbe delle noterelle. Le noterelle delegittimano? O aiutano quei cronisti che sul campo rischiano parecchio e non sono sotto i fari della grande informazione? Saviano dice sempre che la visibilità, la chiarezza è ciò che spaventa i boss. Se avesse ragione Moynihan, il contraddittorio è aperto, sarebbe stato impossibile citare a fine volume gli autori? Lo spazio per ringraziare Daria Bignardi, Adriano Sofri (per la legge italiana mandante di un omicidio), i ragazzi di Occupy Wall Street e Bono Vox c'era...
Ma veniamo a un'altra delle accuse di Moynihan. La reale esistenza di alcuni personaggi del libro sarebbe dubbia. Sfruttando il sottile confine tra fiction e non fiction, Saviano si permetterebbe un po' di libertà. E secondo Moynihan avrebbe inventato il personaggio di Don Arturo. Saviano su Repubblica nega : «Nonostante io abbia detto direttamente al mio critico, interpellato via e-mail, che nessuno dei personaggi è inventato». Peccato che Moynihan citi una mail di Saviano, spedita proprio a lui, che direbbe esattamente il contrario. E lo abbia ribadito via Twitter allo scrivente. Il lettore come dovrebbe distinguere il vero dal falso? Il ricostruito sulle fonti dal visto? Per Saviano non è un problema, anzi. Risponde che questo è proprio il suo metodo, una nuova frontiera della letteratura, della Nonfinction novel . «Il metodo è la cronaca, il fine è la letteratura. Il lettore legge un romanzo in cui tutto ciò che incontra è accaduto». Sì, ma non si sa a chi e quando, e se l'autore l'ha letto in un rapporto dell'Fbi o mentre sfogliava il giornale. O se era lì.
Ma siccome la Nonfinction novel è un genere che esiste da un po' e negli Usa è praticato, dai tempi di Truman Capote, Saviano dovrebbe sapere che esistono metodi per non rovinare il flusso di scrittura e segnalare le fonti, per distinguere il vero dal verosimile. Sia detto con il massimo rispetto e senza la benché minima delegittimazione.
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