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"Io innocente, sui soldi il Papa sapeva"

Becciu da Vespa su Raiuno: "Speculazioni? Hanno deciso altri, la Santa Sede le fa dal 1929"

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«Sono innocente, credo e spero lo pensi anche il Papa. Le speculazioni? Non decise da me, Bergoglio sapeva dei soldi a Cecilia Marogna». Così il cardinale Angelo Becciu, intervistato da Bruno Vespa a Cinque minuti ieri sera su Raiuno, è tornato sulla condanna a cinque anni e sei mesi per peculato comminata dal tribunale del Vaticano, composto esclusivamente dai laici. «Voglio gridare al mondo che sono innocente, che non ho fatto assolutamente questi reati». Sulle speculazioni Becciu ricorda come «già dal 1929 la Santa Sede ha iniziato la tradizione di investire sui palazzi a Londra, Parigi e Roma». E sull'incauta operazione di Sloane Avenue il porporato, che non si è messo in tasca neanche un euro, sottolinea: «Non sono io che ho deciso. Seguivo 17 uffici, non avevo tempo per le questioni finanziarie, tutte in capo al mio capufficio monsignor Carlo Perlasca (rimasto fuori dal processo, anzi super teste a carico dell'accusa, ndr), era lui che mi mostrava il dossier sull'opportunità di investire» perché sarebbe stato un vantaggio per la Santa sede. Delle fasi dell'operazione (investimento a tempo, uscita dal Fondo, acquisto e gestione dell'immobile, vendita) «io ero presente solo nell'investimento, poi non c'ero più». E sui presunti finanziamenti al fratello nella diocesi di Ozieri è netto («I soldi sono ancora sul conto della Caritas, è il vescovo a decidere come spenderli»), così come sulla mala gestio dei 575mila euro dati all'esperta di intelligence Cecilia Marogna per liberare la colombiana suor Gloria Cecilia Narváez Argoti in Mali: «Se qualcosa è andato storto con l'operazione, altri devono scoprirlo».

Intanto anche le agenzie di stampa hanno confermato l'indiscrezione del Giornale sull'adeguamento degli stipendi esentasse in Italia e la cittadinanza vaticana per il presidente del Tribunale vaticano Giuseppe Pignatone e per il Promotore di Giustizia Alessandro Diddi, senza citare questo quotidiano che per primo ne ha parlato. Al di là del dispetto al Giornale, il comunicato dettato dalle agenzie non mette in correlazione la condanna di Becciu con il provvedimento motu proprio del Papa, ma dentro alcuni ambienti del Vaticano la coincidenza temporale non è passata inosservata. Anzi, qualcuno solleva questioni più squisitamente tecniche. Per esempio, cosa vuol dire «interdizione dai pubblici uffici»? «Non può fare il presidente del Governatorato, forse - dice una fonte in Vaticano - ma in uno Stato dove la potestà è mista tra ordine e giurisdizione, come può un tribunale civile possa esprimere un giudizio che vale per il foro ecclesiastico? Senza considerare neanche i trattati internazionali per l'esecuzione della sentenza».

Sulla stessa condanna di Becciu si sono esibiti ieri numerosi quotidiani con dei dubia, verrebbe da dire. Mentre il Corriere dà voce al dolore del fratello di Becciu, Antonino («Condanna decisa dal Papa), il Foglio dice che l'altro prelato è stato «umiliato e spogliato dei diritti connessi al cardinalato» da un Pontefice che si sente più Re «con poteri sovrani anche sullo Stato della Città del Vaticano in forza del munus petrino» e meno Papa, senza «l'aureola sproporzionata di santo, quella di un essere superiore e intoccabile». Seduto sulla cattedra di Pietro oggi c'è un Francesco del pulpito e un Francesco del trono», ragiona Il Giorno, mentre una autorevole studiosa come Lucilla Scaraffia sulla Stampa parla di tutti gli errori sul caso Becciu, come le regole processuali cambiate in corsa «quattro volte» e «una condanna per colpe sulle quali, a giudizio di quasi tutti gli osservatori presenti alle lunghe sedute processuali, il dibattimento ha gettato molti dubbi decisivi». Repubblica invece ricorda quando Becciu si disse «pronto a rifondere la Segreteria di Stato» sul caso Marogna.

La stessa esperta di intelligence, condannata per truffa, si è difesa («Sono stata usata»), rivendicando che la missione di liberare la religiosa era riuscita.

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