"Io, l'autore del codice etico dell'Idf. Non si spara a chi ha le mani alzate"

Il filosofo: "Nemmeno se si tratta di un terrorista bisogna fare fuoco. Il soldato doveva pensare un attimo, aveva tempo, era un cecchino"

"Io, l'autore del codice etico dell'Idf. Non si spara a chi ha le mani alzate"
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Il professor Asa Kasher non fa sconti. È lui stesso il codice di comportamento morale dell'esercito israeliano, l'Idf: di fatto, ne è l'autore. L' espressione severa del filosofo e linguista 83enne, la sua vitale determinazione a scoprire il senso di ciò che è giusto o sbagliato anche quando è quasi impossibile, ne fanno un deciso interlocutore in tempi in cui il suo esercito è sotto dura accusa.

Sull'episodio di venerdì in cui i soldati dentro Gaza hanno ucciso tre rapiti per errore, in lui prevalgono i toni d'ira.

«Prima di tutto un combattente di Tsahal deve sapere che è un soldato d'Israele, e che questo fa di lui un difensore della santità della vita umana. Noi non spariamo se non si deve farlo: ha detto bene il Capo di Stato Maggiore. Non devi uccidere neanche un terrorista se viene incontro a mani alzate».

Ma la situazione in cui si combatte a Gaza è piena di sorprese terribili, un uomo di 74 anni carico di tritolo è stato buttato addosso ai soldati, bambole che piangono in ebraico portano i soldati in trappola...

«Qui bastava, come ha detto Halevi, pensare un attimo. È la prima regola: sapere chi sei, un soldato d'Israele, non un giovanotto con un'arma in mano. Il soldato che ha sparato era un cecchino, era lontano, non aveva solo un secondo per decidere... Voglio dire di più: una parte della società immagina che sparare sia quasi naturale, in tempi difficili. C'è il nemico, spari. Persino due ministri lo dicono. Ma un soldato ha regole, fa corsi, esercitazioni, ha comandanti: la sua scelta è oggettiva, non soggettiva».

Lo processerebbe?

«No. Non a Gaza. Gli ufficiali decideranno per il meglio, ci sono tanti modi per correggere, per cambiare i ruoli. Mi fido di chi guida la guerra sul campo, sapranno come trattare il terribile evento».

Professore, l'esercito israeliano, ha detto Biden, è accusato di indiscriminate bombing in cui colpisce i civili. Persino Biden chiede a Netanyahu di cambiare.

«Biden è un amico straordinario, a lui tutta la mia stima e ammirazione. Ma con tutto il dovuto rispetto, sbaglia. Ci si accusa in sostanza di non applicare il principio di distinzione fra combattenti e cittadini. Se parliamo di un qualunque agglomerato civile palestinese, non dobbiamo di certo toccarlo: sono cittadini. Ma Hamas e Hezbollah usano un sistema di guerra in cui mescolano le due componenti».

E tuttavia i cittadini esistono.

«Qui interviene la questione della proporzionalità: si deve valutare con saggezza, con obiettività e secondo la legge internazionale la proporzionalità (gli inventori di questo sistema sono Sant'Agostino e Tommaso D'Aquino) dell'intervento cioè l'effetto positivo e quello negativo. Anche se una sola donna o un solo bambino soffrono l'effetto è negativo, ma ciò va commisurato col danno inferto al nemico. Nel caso di Hamas, non c'è edificio, scuola, ospedale, in cui con molta pazienza e serietà la cosa non venga valutata. Voi non avete idea di quanto noi sempre, e non solo adesso, blocchiamo aerei già in volo se si vede all'orizzonte un'auto che porta bambini. Noi agiamo quando è obbligatorio, anche se ci spezza il cuore».

Ma il numero dei morti è alto.

«Noi prima avvertiamo, spingiamo ad andarsene da dove bombarderemo, creiamo tempi e luoghi necessari. È la crudeltà del nemico che usa scudi umani che impedisce alla gente lo sgombero».

Il suo codice è ancora nelle tasche dei soldati?

«Ne sono sicuro, e le prime due cose che imparano sono scritte solo da noi: santità della vita, e limitazione della forza».

Vedo che vi chiedono di restringere i tempi.

«Combatteremo per il tempo e come che ci serve, applicando solo il diritto all'autodifesa. Non c'è scenario di rinuncia ad esistere. Non vedo problemi esistenziali all'orizzonte».

Vi si suggerisce di nuovo di accettare una condivisione coi palestinesi, due

stati e due popoli.

«Considero legittima l'idea di uno stato palestinese. Ma se nasce sull'intenzione di uccidere gli ebrei, allora il terrorismo non è una aspirazione che può essere pietra di fondazione di un Paese».

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