"Io, Monti, le mie cinque vite ora lancio la banca del futuro"

L'ex ministro dell'Economia: "Così aiuteremo le piccole imprese con i digitale. La crisi? Era peggio otto anni fa"

"Io, Monti, le mie cinque vite ora lancio la banca del futuro"

Milano Fuori ci sono i fregi littori disegnati accanto ai binari della Stazione Centrale. Dentro ipad, schermi, telefonini: è il futuro che bussa e ci vuole una certa dose di fantasia per capire che siamo in una banca. «Ci siamo sistemati in questo vecchio ufficio postale - sorride Corrado Passera - per me è un ritorno a casa, a una mia vita precedente anche se quella di adesso ha ritmi impegnativi: stamattina alle 7,30 abbiamo festeggiato il terzo compleanno di Eugenia, l'ultima dei miei cinque figli, poi l'ho accompagnata all'asilo ed eccomi qua», sorride l'ex ministro dell'Economia, la giacca persa in un ambiente verticale, tutto riunioni e vetri, dal nome, Illimity, che sembra il titolo di un film di fantascienza.

Dottor Passera, questa è la sua quinta esistenza?

«No, è la sesta se conteggiamo anche gli anni dell'università e della formazione».

Ricapitolando?

«C'è stata l'epoca in cui ho affiancato De Benedetti. Poi ho rilanciato le poste che oggi sono ammirate in tutto il mondo. Quindi ho guidato Intesa. Una mattina, mentre mi facevo la barba, mi hanno chiamato».

La sciagurata esperienza del governo Monti?

«Io difendo il nostro lavoro. Abbiamo fermato la troika che aveva già le valigie pronte per venire a Roma, come ad Atene».

Rifarebbe ciò che ha fatto?

«Io ho sviluppato quello in cui credevo. Per esempio, ho formato una task force di 12 persone, quasi tutti ragazzi, e l'ho mandata in giro per il mondo con un ordine: portate a casa il meglio di quello che c'è. Al ritorno abbiamo scritto una legge innovativa, il Parlamento l'ha votata, sono nate cosi 10mila start up che hanno generato 50mila posti di lavoro. Sono felice di aver dato una spinta al nostro sistema industriale. Ci sono analogie fra quel periodo e questo».

Quali?

«Io ho sempre cercato di ottenere profitti, ma coniugandoli con il bene comune. Sei utile a te stesso quando sei utile anche alla società».

Non è una formula retorica?

«No, noi siamo una banca che cerca di aiutare le piccole e medie imprese, la spina dorsale del nostro sistema. Siamo contenti se sono felici anche i nostri clienti e lo facciamo con un metodo innovativo: siamo il primo istituto di credito totalmente digitale in Italia. È una scommessa che speriamo di vincere».

Per ora?

«Un anno fa eravamo una squadretta di quindici persone in un appartamento a due passi dal Duomo, oggi siamo 220 e speriamo di arrivare a quota 500. Moltissimi sono giovani, proprio come quei ragazzi che avevo sguinzagliato a studiare le start up, e provengono da 10 Paesi e 100 imprese diverse. Capisce il potenziale strepitoso di questa contaminazione?».

Ma qual è il vostro valore aggiunto?

«Da una parte i tutor, che conoscono a menadito tutti i comparti e i distretti dell'economia italiana e li sanno interpretare; poi ci sono gli analisti che presidiano i confini dell'informatica e dell'intelligenza artificiale e sfornano algoritmi poderosi che afferrano milioni di dati. Se da me viene un costruttore di biciclette al carbonio, in breve io sono in grado di dargli un report su tutti i costruttori di bici al carbonio nel mondo».

Ma gli imprenditori arrancano.

«Noi prestiamo il denaro a un tasso molto più basso di quello dei nostri concorrenti, i fondi. Siamo vicini al mondo dell'industria ed entriamo in azione su tre direttrici: ci confrontiamo con gli imprenditori che non ce l'hanno ancora fatta ma potrebbero arrivare in alto; quelli che sono in crisi ma hanno gambe per correre; quelli che sono disastrati ma da cui si può tirare fuori ancora qualcosa di buono».

I capitali?

«In pochi giorni abbiamo raccolto 600 milioni. Vuol dire che non c'è una croce sull'Italia».

Non stiamo precipitando in una crisi sempre più grave?

«Questa crisi è meno pesante di quella del 2011. A patto di curare la malattia».

E il governo dà le medicine giuste?

«Purtroppo no. Il treno che fa ripartire un Paese è sempre lo stesso: più investimenti, più crescita, più lavoro. Questo governo va altrove. Gli investimenti - per formazione, infrastrutture, innovazione - sono azzerati».

Lei predica bene, ma era il braccio destro di Monti nel famigerato governo tecnico.

«Io ho sbloccato da ministro delle Infrastrutture 50 miliardi di lavori. Monti ha effettuato tagli dolorosi e non ha capito che alle sforbiciate devono seguire gli investimenti e la crescita. Io e lui ci siamo allontanati su questo».

Cambiamo spartito: oggi sarà a Imola fra i maestri dell'Accademia pianistica. La settima vita è da mecenate?

«L'Accademia è un gioiello tricolore, un concentrato di maestri virtuosi e giovani che hanno l'ossessione per la perfezione.

Mi hanno conquistato un mese fa, sono diventato il Presidente dell'Accademia, domani con il ministro Bussetti festeggiamo un traguardo storico: il riconoscimento delle lauree in violino, pianoforte, chitarra, composizione. Nella globalizzazione si vince di qualità e Imola ne è una bella dimostrazione».

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