Primo attacco della bandiere nere alla diga di Mosul presidiata dai soldati italiani. Nei giorni scorsi i miliziani dello Stato islamico hanno lanciato quattro razzi, che per fortuna non sono riusciti a colpire il contingente cadendo a qualche centinaio di metri. I nostri soldati hanno chiamato l'appoggio aereo alleato, che «ha neutralizzato la minaccia» come conferma la Difesa. Ieri mattina si era parlato di «schermaglie» per gettare acqua sul fuoco su qualsiasi notizia di «guerra» dal delicato teatro iracheno.
Alla diga di Mosul 500 bersaglieri del 6° reggimento di Trapani stanno presidiando la zona per garantire la sicurezza dell'obiettivo strategico e della ditta italiana Trevi, che ha vinto un appalto per sistemare la decrepita struttura. «Quattro razzi da 107 o 122 millimetri sono stati lanciati verso l'area della diga da una quindicina di chilometri» ha spiegato una fonte militare del Giornale. «Il più vicino è finito a 300 metri senza causare danni o feriti» sottolinea la fonte. Secondo l'agenzia stampa Nova il primo razzo ha centrato un campo di calcio, che si trova nella zona residenziale vicino alla diga. Il secondo ha colpito il quartiere al Muhandisin. Il terzo, quello più vicino, è caduto nei pressi della sede della compagnia Trevi. Il quarto sarebbe finito in acqua.
Si tratta del primo attacco contro gli italiani da quando è iniziato il dispiegamento della Task force Praesidium la scorsa estate. La reazione non si è fatta attendere con l'immediato intervento dei caccia alleati impegnati in Iraq contro le bandiere nere. Gli aerei hanno individuato le rampe di lancio annientandole. Il bombardamento sarebbe stato condotto da caccia americani, ma ieri un tweet degli inglesi annunciava: «Caccia della Raf continuano a colpire le posizioni di Daesh (Stato islamico nda) attorno a Mosul».
Il 7 settembre l'intelligence aveva lanciato l'allarme rivelando un piano di attacco delle bandiere nere alla diga di Mosul. Il nome dell'operazione è «Conquista della morte« e prevede l'impiego di 200 miliziani, in gran parte stranieri, sia tunisini, che europei e caucasici, la falange dello Stato islamico. L'attacco sarebbe stato pianificato sulla base di assalti suicidi con veicoli corazzati artigianalmente ed imbottiti di esplosivo.
Il lancio dei razzi potrebbe essere solo un'anteprima per testare le difese italiane e degli alleati curdi. Non è un caso che l'attacco sia avvenuto poco dopo l'inizio ufficiale dei lavori di mantenimento sulla diga del primo ottobre. Ed in risposta alle dichiarazioni del premier iracheno, Haider al Abadi, che ha dichiarato: «La diga è totalmente sicura. Daesh non può attaccarla».
Il contingente italiano è schierato a una ventina di chilometri dalle trincee dello stato islamico attorno a Mosul, la «capitale» del Califfo in Iraq. In postazioni statiche che possono venir colpite da razzi e artiglieria. I nostri uomini fanno parte dell'operazione alleata Inherent resolve, a guida americana, che non è una missione di pace. Nonostante il compito italiano sia solo quello di garantire la sicurezza della diga, la missione alleata, come si legge sul sito, è di «sconfiggere militarmente Daesh». Il portavoce dell'operazione ha annunciato che nell'ultimo mese sono stati eliminati con attacchi aerei mirati 18 comandanti dello Stato islamico.
In caso di necessità possono intervenire in difesa della diga dalla base di Erbil, capoluogo del Kurdistan iracheno, gli elicotteri d'attacco Mangusta e quelli da trasporto dell'aviazione dell'esercito con i fanti del 66° reggimento aeromobile Trieste, veterani dell'Afghanistan.
La decapitazione del sistema di comando e controllo delle bandiere nere a Mosul fa parte della grande offensiva irachena, con l'appoggio americano, per la liberazione della città di oltre un milione di
abitanti. L'operazione è già iniziata con le avanguardie giunte a cento chilometri a sud di Mosul. Nei prossimi mesi si scatenerà la battaglia e la diga è l'obiettivo strategico più vicino alla prima linea delle bandiere nere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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