L'abito dipinto, la pelliccia sul cappello E il chiodo si tinge di rosso

L'abito dipinto, la pelliccia sul cappello E il chiodo si tinge di rosso

Quanta anarchia ci possiamo concedere nel nostro modo di vestire? Ce lo dicono i designer. «L'estrema libertà che in questi anni ci siamo dati ha provocato anche dei danni» commentava ieri Giorgio Armani al termine della gran bella sfilata Emporio. «Mi auguro sempre che ognuno possa vestirsi come vuole» asseriva l'altro ieri Miuccia Prada prima di mandare in scena uomini e donne che condividevano amabilmente l'idea dell'abito come divisa. L'importante, perché il dibattito sia intrigante, è osservare come cambia la moda. «Avevo voglia di recuperare una grinta che in questi anni avevo un po' dimenticato e raffacciarmi al mondo dei giovani con aria di fierezza e ricercatezza» incalzava Armani parlando di uno stile più categorico e al tempo stesso moderno.

«In questo momento non amo le frivolezze, mi piace l'uniforme e penso che tante cose fatte per l'uomo siano belle e desiderabili anche in versione femminile» rispondeva la signora Prada. Così sulla scena del prossimo inverno convivono attitudini diverse. Re Giorgio predilige la sensualità e la morbidezza del jersey e della maglia e ne fa un capolavoro di flessibilità coniugando giacche, pantaloni e cappotti; ma anche panni tagliati al vivo per parka e caban, con effetti jacquard di spigati e di damier, disturbati da pennellate astratte e illuminati da macro zip.

Insomma una casualità non tanto casuale così come non casuali erano gli occhi bistrati dei modelli e i cappellini stile gendarmerie. Tutto molto sobrio, tutto molto solido persino i colori, dal nero al grigio, dal cammello al blu. Nero, blu e grigio anche le uniformi di Prada, spesso in nylon, materiale usato anche per i vestiti da sera delle fanciulle che scorrendo lungo le stanze marmorizzate della sala, rubavano spesso la scena ai ragazzi sebbene vestiti di tutto punto, con cappottini, giacche minimaliste dalle maniche risvoltate, camicie talvolta a maniche corte e scarpe dalla suola tecnologica. A chi vuole approfondire la relazione tra sportswear e lavorazioni sartoriali, la risposta l'ha data Thom Browne con la collezione Moncler Gamme Bleu partendo da un piumino anni Cinquanta e catturandone il fascino per riversalo su una collezione ispirata alle divise dei fantini. Un bosco di betulle era perfetto per esaltare l'uscita dei modelli a gruppi di colori: il grigio, il grigio con il cammello, il rosso bianco e blu e il black. Ogni pezzo era un capolavoro di savoir faire artigianale, dai piumini a intarsi totalmente reversibili alle giacche con motivi grafici, ai cappotti Chesterfield.

Lo spirito tailoring dello sportswear di ZZegna, disegnata da Murray Scallon, potrebbe dialogare con le influenze punk e sovversive incise sulla sartorialità di gusto britannico di Diesel Black Gold disegnata da Andreas Melbostad. Nel primo caso, un concentrato di sartorialità tecnologica è nel giaccone di nylon peso piuma, lana stretch idrorepellente o microfibra ad alta densità: contiene un pannello riscaldante che porta la temperatura fino ai 28 gradi. Si ricarica con la tecnologia wireless premendo un sensore invisibile.

In Diesel Black Gold forte è l'impatto dei jeans sovratinti, slimfit percorsi da zip di gusto punk e quello di cappotti in tessuti maschili decorati con spille, catene e patches.

Inutile dire che il sartoriale è in grado di contagiare persino lo stile centauro al punto da indurre Filippo Scuffi, direttore creativo di Daks, a proporlo in chiave chic e in particolare nella tuta di cashmere, rosso fuori e nero all'interno, nella pregiatissima lavorazione double con cerniere a grana grossa di galvanica nera a specchio.

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