"L'aborto è guerra, io ho detto stop"

Il ginecologo Massimo Segato è un medico abortista. La pratica delle interruzioni di gravidanza, però, lo ha indotto a un profondo ripensamento. In un libro racconta tormenti e difficoltà della 194

"L'aborto è guerra, io ho detto stop"

Non ci sono credi. Non ci sono ideologie. Non ci sono bandiere. C'è solo il respiro profondo della vita: uno sguardo, un sorriso, un bambino che corre come una promessa di felicità.

E poi c'è lui: il medico abortista che fa il suo lavoro da tanti anni, con scrupolo, con dedizione, senza fanatismi ma con la consapevolezza che il primo dovere di un camice bianco è aiutare le donne in difficoltà. E quando una ragazza si presenta con la pancia nello studio di un ginecologo, qualche volta chiede proprio quello: interrompere la gravidanza.

Massimo Segato ha fatto centinaia di aborti all'ospedale di Arzignano, provincia di Vicenza, terra di concerie e sempre meno sagrestia d'Italia. Nessun problema, ci mancherebbe, ma il tempo, almeno nel suo caso, non è la medicina che anestetizza sentimenti e sensazioni. Al contrario gli anni che passano, i decenni che scorrono nel Veneto profondo sono come il mare che erode la terra di certezze granitiche. Un bambino, un bambino che viene al mondo è uno spettacolo straordinario e se per caso ti fermi ad osservarlo e poi catturi anche il volto trasfigurato della madre, della mamma che non lo voleva, tutto cambia.

È proprio questa la storia di Segato: specialista attento e rigoroso, appartiene a quella che tutti in reparto chiamano con un soprannome un po' sinistro l'Equipo de la muerte. Centinaia e centinaia di embrioni eliminati, anzi aspirati, seguendo il protocollo e le conquiste civili incise nella mitica legge 194.

Poi, un giorno qualcosa va storto: nulla di drammatico, per carità, ma per un caso, un incidente o un miracolo, chissà, la cannula fallisce. L'embrione resta aggrappato alla parete, sopravvive, fa il suo ingresso su questa terra. Segato è perplesso: la madre gli farà causa?

Finalmente il medico e la mamma, Barbara, si incontrano: lui è preparato al peggio, ma lei, una bella signora borghese, lo spiazza: «In effetti volevo denunciarla, ma poi è nato Giulio». E Giulio è la felicità. «Dottore, ora posso dirle solo grazie».

Giulio è stato il più bell'errore di una lunga carriera. Ma è anche lo sbaglio che contraddice la scelta fatta tanti anni prima. Le verità della 194 non reggono davanti al vento impetuoso dell'esistenza e alle sue domande più profonde che pescano nel sottosuolo quasi sempre sigillato di ciascuno di noi.

A Segato non resta che raccontare, anzi confessare quel che gli è successo, giorno dopo giorno. Nasce così questo libro firmato in coppia con Andrea Pasqualetto, per lunghi anni cronista di giudiziaria al Giornale e oggi brillante penna del Corriere della Sera: «L'ho fatto per le donne», Mondadori.

Un testo coraggioso, anzi temerario, di più politicamente scorretto, antiretorico ma toccante. In alcune pagine, sconvolgente.

Quel che più disorienta è che i due autori non sposano alcuna tesi: seguono solo, con una scrittura limpida, quasi da romanzo, capace di far sentire i mezzi toni e le sfumature, il fiume dell'esistenza. Imprevedibile. E inattesa come una carezza.

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