Roma - Senatore Marco Marsilio, lei è il candidato di centrodestra alla guida della Regione Abruzzo. Qual è il suo legame con questa regione?
«Sono figlio e nipote di abruzzesi. È un legame profondo di chi ha un senso di appartenenza, sente e vive le proprie radici e vuole coltivarle, facendo qualcosa di concreto».
Solitamente si utilizza la platea locale per fare il grande salto verso il Parlamento. Lei da senatore si mette in discussione per venire a governare l'Abruzzo.
«Sì, lascio una posizione comoda e ambita per andare a fare qualcosa che darà molti grattacapi e in cui avrò meno protezione. Questo a testimonianza della genuinità del sentimento con cui affronto questa sfida con l'intenzione di mettermi a disposizione dell'Abruzzo. Il percorso inverso rispetto a chi mi ha preceduto, Luciano D'Alfonso, che oggi è in Parlamento e da un mese non si fa vedere da queste parti».
La gestazione della sua candidatura dentro il centrodestra è stata piuttosto travagliata.
«Il centrodestra è stato unito fin da settembre. Sicuramente il quadro nazionale è complesso, ma si è trovato un equilibrio generale e la coalizione è davvero coesa, anche grazie al passo indietro di Fabrizio Di Stefano».
È soddisfatto del sostegno che sta ricevendo da parte dei partiti del centrodestra?
«La presenza dei leader è assidua e costante e la folla nelle piazze, nonostante il meteo non proprio favorevole, è un buon segnale. Matteo Salvini oggi è qui ed è già venuto altre volte. Giorgia Meloni è stata qui tre giorni e verrà altri due giorni. Silvio Berlusconi ha tenuto comizi affollati, è voluto essere presente nonostante la febbre e mi ha detto che tornerà. L'attenzione è massima».
Votare il 10 febbraio rischia di penalizzare l'affluenza?
«Di sicuro rischia di penalizzare le persone più fragili, purtroppo questa data è l'ultimo dispetto di D'Alfonso che non si è dimesso in tempo utile. Di certo in questa campagna elettorale c'è stata occasione per accendere i riflettori sulla durezza della vita nelle montagne abruzzesi».
Lei ha dichiarato che l'Abruzzo non deve tornare a essere «gli Abruzzi». Cosa intende?
«C'è troppa conflittualità tra i territori, non bisogna immaginare una regione a due velocità, bisogna mettere da parte i campanilismi e fare avanzare la regione tutta. Il mio essere extraterritoriale aiuterà a fare sintesi. Ci sono potenzialità enormi che restano soffocate, bisogna investire su un sistema infrastrutturale superato, su un aeroporto che è necessario allungare, bisogna recuperare competitività e rendere l'Abruzzo accogliente per gli investimenti».
Che cosa chiede al governo per favorire la ricostruzione post-terremoto?
«Deve rimettere mano alle norme, ci sono una serie di interventi legislativi frammentati e
contraddittori. C'è una grande differenza tra il cratere del 2009 e quello del 2016-2017 che è fermo e dove ci sono ancora gli sfollati senza casa. Serve un impulso e un nuovo management altrimenti si rischia lo stallo».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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