G iornata no per il governo, perlomeno sul versante della politica economica. Dalla Commissione europea è arrivata una bocciatura preventiva all'architrave della legge di Stabilità, che è l'abolizione della Tasi e dell'Imu sulla prima casa. A Bruxelles non piace. L'esecutivo europeo, di fatto, auspica una patrimoniale sul mattone in cambio di tagli alle tasse sul lavoro. Poi Corte dei conti e servizio studi del Senato, che hanno messo in dubbio le fondamenta della prossima «finanziaria», cioè le cifre contenute nel Def, il documento di economia e finanza aggiornato una decina di giorni fa.
Una serie di coincidenze che ha fatto infuriare Matteo Renzi, durissimo con l'Ue e convinto ad andare avanti comunque. Nella legge di Stabilità «ci sarà l'eliminazione della tassa sulla prima casa da ora e per sempre. Ricordo alla Ue che il compito della Ue non è mettere bocca su quali scelte fiscali fa uno Stato. Quali tasse ridurre lo decidiamo noi, non un euroburocrate».
Il messaggio di Bruxelles ha in parte rovinato la festa per alcuni dati positivi. Secondo l'Istat la fiducia dei consumatori a settembre ha raggiunto il livello più alto dal 2002. Bene anche il Pil, con segnali nel quarto trimestre «di mantenimento del ritmo di crescita congiunturale nell'ordine del +0,2%/+0,4%». Ma in realtà si tratta di una scadenza prevista, cioè il rapporto annuale sulle politiche fiscali dell'Ue. La bocciatura, comunque, c'è. La Commissione conferma la condanna delle «inefficenze» italiane. E la necessità di «ridurre il carico fiscale relativamente alto sul lavoro, dall'altro la possibilità di aumentare tasse meno distorsive quali le tasse sui consumi, sulle proprietà e quelle ambientali». Quasi un invito a inasprire la tassa di successione e lasciare che gli aumenti dell'Iva previsti dalle clausole di salvaguardia scattino.
La ricetta è la stessa che l'Europa chiede all'Italia da anni. Realizzata in pieno dai governi di Mario Monti ed Enrico Letta, dai quali Renzi vuole distanziarsi. In difesa di questa linea si è schierato anche il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, che vorrebbe qualcosa di più sul taglio del cuneo fiscale, ma non condanna la riduzione delle tasse sul mattone: «Dipende dalle situazioni. Una diminuzione della tasse è comunque benvenuta. Sulla tassazione per il lavoro è già stato fatto qualcosa», ha spiegato.
A trattare con l'Europa sarà il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan. E sul tavolo della trattativa, oltre al tipo di taglio delle tasse, c'è soprattutto la flessibilità sul deficit per lo 0,4% di Pil che il governo conta di incassare, oltre allo 0,2% per gestire la crisi immigrati. Tutti traguardi da conquistare.
A mettere in discussione le cifre del Def che contabilizzano anche la flessibilità, ieri è stata la Corte dei Conti. Il quadro del Documento di economia e finanza «non appare esente da incertezze» visto che «nei primi sette mesi dell'anno l'andamento del gettito tributario sembra ancora risentire delle difficoltà dell'economia». In dubbio lo stop alle clausole di salvaguardia, a partire dal 2017. Il governo non spiega se e come disinnescherà l'aumento di Iva e accise sul carburante.
Stesso appunto ieri è arrivato dal servizio Bilancio del Senato. Dal documento del governo non è chiaro tutto il capitolo delle entrate, a partire dal taglio alle tax expenditures . Incerto anche il dettaglio della spending review. Per i tecnici di Camera e Senato non si sa né quando né dove si taglierà la spesa pubblica.
di Antonio Signorini
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