L'America nera che odia i neri

Cosa c'è dietro gli scontri razziali che infiammano gli Usa

L'America nera che odia i neri

Come si spiega – se mai si spiega - che con un presidente nero alla Casa Bianca le tensioni razziali siano cresciute tornando ai livelli degli anni Sessanta e Settanta? Se lo chiedono i giornali, le televisioni e se lo chiede la gente comune. Quel che è accaduto nelle ultime ventiquattro ore a Ferguson e a Indianapolis (dove un ragazzo nero è stato ucciso per non essersi fermato ad un posto di blocco) conferma che la tensione cresce e che le dichiarazioni di principio non servono a nulla. Nella realtà americana si integrano soltanto bianchi e neri degli strati superiori con un alto livello di istruzione: media e alta borghesia nera con media e alta borghesia bianca. Ma il ventre molle del proletariato periferico era, è e resterà a lungo sul piede di guerra. Alla commemorazione degli scontri di Ferguson di un anno fa sono comparse bande armate che hanno aperto il fuoco sia contro la polizia che contro altre bande. I neri armati gridavano «Vogliamo la guerra, siamo qui per spararvi». Per trovare qualcosa di simile bisogna tornare ai tempi delle «Black Panters» degli anni Settanta anche se le Pantere Nere avevano una struttura politica rivoluzionaria dura e disciplinata: la maggior parte di loro riparò a Cuba con una serie di clamorosi dirottamenti aerei. La storia dei rapporti fra bianchi e neri americani è complicatissima ma si può ricordare che lo schiavismo introdotto dagli inglesi fu il motore agricolo (cotone a costo zero) degli Stati del Sud. La guerra civile mise poi fine allo schiavismo ma impose la segregazione sui mezzi pubblici e nelle scuole con i «negri» (parola messa al bando negli anni Sessanta) ghettizzati nei mestieri più umili. I presidenti Kennedy e Johnson ristabilirono i diritti dei neri mandando l'esercito in Alabama e da allora si è assistito a una lenta crescita economica e culturale degli afro-americani che però non hanno mai accettato – nei grandi numeri - l'integrazione chiedendo parità di diritti ma un diverso modello sociale. Comportamenti e stili di vita raramente sono identici, come si vede nella serie televisiva «Blackish» (nerastro), che affronta con umorismo i paradossi della convivenza quotidiana fra razze diverse. Gli elementi di separazione restano tali e quali, salvo che negli strati superiori della società e nel mondo intellettuale: i matrimoni misti sono guardati con ansia e con sospetto da bianchi e neri e raramente hanno successo. E ancora: nel chiuso delle mura domestiche la borghesia bianca condanna, anzi marchia a fuoco, le ragazze che fanno sesso con i neri, considerate «slut» (troie) più interessate alle dimensioni del pene che del cervello. Negli ultimi anni i neri hanno esteso la loro egemonia culturale sull'immaginario collettivo sessuale attraverso il successo assoluto del rap, della sua cultura, dei suoi performer. È un fenomeno gigantesco ancora in espansione perché il rap modifica di mese in mese i canoni estetici ed erotici che poi si ripercuotono sulla chirurgia estetica (forma ed estensione delle natiche e dei seni) e sull'abbigliamento delle giovanissime generazioni che al Sud crescono sotto l'influenza di questa straordinaria forma di musica e di uso della lingua. Nel cuore più profondo dei ghetti intanto prosegue la leva militare che diventa l'ultima risorsa per giovani neri disoccupati usati come carne da cannone nelle ultime guerre, dal Kuwait all'Afghanistan e ora in Siria e dovunque la macchina militare americana si muova. Si torna dunque alla domanda iniziale: come è possibile che sotto la presidenza di un nero come Obama le cose siano peggiorate? La risposta è aperta, ma di certo la presidenza di Obama ha premiato una intellighenzia nera di élite che è vista malissimo dalla maggioranza dei neri americani, specialmente del Sud. I problemi sono rimasti nella salamoia della retorica. La borghesia nera più forte ed evoluta si trova a Chicago (da cui proviene Obama) a New York, Los Angeles e in genere nelle grandi città in cui i neri americani hanno raggiunto posizioni importanti come avvocati, insegnanti, giornalisti, medici e uomini politici.

Ma nel resto del Paese una polizia bianca isterica e stressata (oltre che spesso razzista nel profondo dell'animo) fronteggia un mondo afroamericano non meno arrabbiato, non meno aggressivo e con una voglia di rivalsa e di vendetta che sono le stesse di sempre. Quel nucleo rovente è irrisolto. E nessuno l'ha mai affrontato in modo realistico ma soltanto con slogan propagandistici il cui esito finale sono i colpi di pistola nella notte.

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