Anche gli eroi, alle volte, si arrendono. Gli eroi sono gli abitanti di Lampedusa, l'isola santuario dell'accoglienza agli immigrati, che negli ultimi anni è diventata famosa più come destinazione dei barconi zeppi di immigrati che degli aerei e dei traghetti carichi di turisti ansiosi di vedere l'isola dei Conigli circondata da una delle spiagge più belle del Mediterraneo. Il sindaco Salvatore «Totò» Martello ieri si è sfogato così: «Chiedo che venga chiuso l'hot spot, una struttura inutile che non serve a niente».
Secondo il sindaco, in carica da pochi mesi dopo aver battuto alle elezioni comunali di giugno il precedente primo cittadino dell'isola Giusi Nicolini, la misura è colma: «Minacce, molestie, furti. Lampedusa è al collasso, le forze dell'ordine sono impotenti, nel centro ci sono 180 tunisini molti dei quali riescono tranquillamente ad aggirare i controlli: bivaccano e vivono per strada». Dura l'accusa al governo: «Siamo abbandonati». Certo, Martello, pur essendo di sinistra, non è uomo né di Gentiloni né di Renzi. Anzi ha costruito la sua (larga) vittoria alle comunali con una lista di protesta, «Susemuni» (ovvero: alziamoci) proprio in contrapposizione ai pensieri, alle parole, alle opere e alle omissioni alla renzianissima Nicolini, la pasionaria dell'emergenza che ha costruito sulla gestione dell'emergenza la fama di eroina che le valse addirittura un invito alla Casa Bianca chez Barack Obama come simbolo dell'Italia migliore assieme a Bebe Vio, Raffaele Cantone, Giorgio Armani e Paolo Sorrentino, tutti al seguito di Renzi. Quel Renzi che, all'indomani della sconfitta elettorale della sua pupilla, ne redasse il testamento politico su facebook, con una foto di loro due di spalle davanti al mare di Lampedusa: «In questi anni lei è stata un punto di riferimento per molti in Italia e in Europa, impegnata in una difficile sfida culturale: far capire che i valori non si barattano con la paura. Ieri Giusi ha perso a Lampedusa, succede». Ai renziani succede più spesso, ultimamente.
I lampedusani festeggiarono scrivendo sui muri cose come queste: «Grazie. Avete estirpato il cancro lampedusano». Ma i problemi sono rimasti gli stessi. Sbarchi per tutta l'estate e anche nei giorni scorsi. Nella notte tra mercoledì e giovedì 19 tunisini sono stati portati nell'hot spot dopo essere stati trovati su due piccole imbarcazioni al largo dell'isola. E Lampedusa nel 2017 è stata la sesta destinazione più gettonata dai barconi dopo i porti di Augusta, Catania, Pozzallo, Reggio Calabria e Trapani.
La Nicolini sostiene che quello di Martello sia solo «terrorismo. Basterebbe controllare il numero delle denunce, a me risolta un solo furto. Si sta cercando di ricreare quel clima di paura che c'era a Lampedusa prima della mia elezione». Ma il suo successore riporta cronache da incubo: «I bar sono pieni di tunisini che si ubriacano e molestano le donne. Ricevo decine di messaggi di turisti impauriti, gli albergatori, i commercianti e i ristoratori subiscono quotidianamente, non ce la fanno più». E ancora: «Nonostante il centro sia presidiato da polizia, carabinieri e guardia di finanza, i tunisini entrano ed escono come e quando vogliono. Non c'è collaborazione fa parte delle istituzioni. Siamo soli. C'è un grave problema di ordine pubblico, chiedo l'intervento diretto del ministro dell'Interno».
Lampedusa non ce la fa più.
Il premio Unesco incassato dalla Nicolini quando era ancora sindaca per le vite salvate e la nomination al Nobel per la Pace per l'intera isola non bastano. L'orgoglio è importante, l'umanità ancora di più ma più di tutto conta la normalità. Quella che qui è un lontano ricordo. Perché Lampedusa potrebbe essere un paradiso ma ora si accontenterebbe di essere un purgatorio.
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