Basta «parole sprezzanti» e «atteggiamenti aggressivi», stop «frontiere chiuse». «Non lasciamo che inquietudini e paure condizionino le nostre scelte», alimentando «un clima di diffidenza e disprezzo, di rabbia e rifiuto». Alla fine, dopo l'ennesima vicenda che ha visto morti in mare e uno scontro acceso tra Ong e il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, è arrivata una nota dei vescovi italiani. Breve ma incisiva. E che punta il dito contro il leader del Carroccio.
«Non possiamo scrive la Cei lasciare che inquietudini e paure condizionino le nostre scelte, determinino le nostre risposte, alimentino un clima di diffidenza e disprezzo, di rabbia e rifiuto». La risposta, per la chiesa italiana, è e resta la stessa: accoglienza, tutela della vita umana, di qualunque razza sia. «Avvertiamo in maniera inequivocabile che la via per salvare la nostra stessa umanità dalla volgarità e dall'imbarbarimento passa dall'impegno a custodire la vita. Ogni vita proseguono nella nota i vescovi a partire da quella più esposta, umiliata e calpestata».
La posizione della Cei parte ricordando «gli occhi sbarrati e lo sguardo vitreo di chi si vede sottratto in extremis all'abisso che ha inghiottito altre vite umane», riferendosi alla vicenda di Josephine, la donna camerunense salvata dopo essere rimasta 48 ore tra le onde, al largo della costa libica. È l'immagine, chiariscono i vescovi, «di una tragedia alla quale non ci è dato di assuefarci». I migranti vengono definiti «esercito di poveri, vittime di guerre e fame, di deserti e torture». Rappresenta, questa gente che viaggia sulle carrette del mare, «la storia sofferta di uomini e donne e bambini che mentre impedisce di chiudere frontiere e alzare barriere ci chiede di osare la solidarietà, la giustizia e la pace». «Come pastori della Chiesa aggiungono nella nota i vescovi italiani non pretendiamo di offrire soluzioni a buon mercato. Rispetto a quanto accade, non intendiamo però, né volgere lo sguardo altrove, né far nostre parole sprezzanti e atteggiamenti aggressivi».
Al termine, l'invito della Cei a «una accoglienza diffusa e capace di autentica fraternità», guardando «con gratitudine a quanti, accanto e insieme a noi, con la loro disponibilità sono segno di compassione, lungimiranza e coraggio, costruttori di una cultura inclusiva, capace di proteggere, promuovere e integrare».
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