L'assalto alla Puglia organizzato sui «social»

In arrivo 150mila clandestini dalle basi di Corfù in Grecia e Mersin in Turchia

Bepi CastellanetaBari I social network come piattaforme globali su cui comunicare l'imminente organizzazione del viaggio in modo da predisporre i preparativi e valutare numeri, costi e incassi; il furto di cabinati e grandi barche a vela o il rastrellamento di vecchie carrette del mare, recuperate in porti sgangherati o comprate con relativa copertura assicurativa in località strategiche come Costanza, città romena affacciata sulla sponda occidentale del Mar Nero; il reclutamento dell'equipaggio affidato al web per richiamare aspiranti scafisti o semplicemente gente esperta di navigazione da ogni angolo del mondo, dall'Italia all'Ucraina: sono i retroscena delle ultime indagini avviate dalla Dda di Lecce sulla nuova stagione del traffico di umanità, un esodo a pagamento gestito con strumenti moderni e criteri manageriali, alimentato da una costellazione di organizzazioni criminali che si snodano tra Siria, Libano, Turchia, Romania e Grecia. Adesso questo arcipelago di clan, i cui artigli si allungano tra due continenti grazie a un sistema che assicura a ciascuno una fetta di una torta milionaria, torna a minacciare la Puglia, dove potrebbero riversarsi i 150mila migranti intrappolati tra le frontiere bloccate della vecchia rotta balcanica e i venticinquemila già arrivati ad Atene. Nello stesso tempo proseguono le drammatiche traversate nell'Egeo e l'altra notte al largo di Kos la Guardia costiera italiana, presente in zona su richiesta dell'agenzia europea Frontex, ha strappato alle onde 66 siriani e pachistani, tra i quali 26 bambini.Il punto su scenari e indagini sarà fatto oggi in Prefettura a Bari, nel corso di un vertice con il ministro dell'Interno Angelino Alfano, il capo della polizia Alessandro Pansa, i procuratori e i rappresentanti delle forze dell'ordine di tutte le province. Una mobilitazione per fronteggiare un'emergenza annunciata dallo stravolgimento geopolitico innescato dalla decisione di diversi Paesi europei di congelare Schengen rispolverando i controlli alle frontiere e imponendo un tetto all'accoglienza. Insomma, l'ombra di un brusco ritorno a un tragico passato aleggia sulla Puglia, martellata dai gommoni degli scafisti albanesi negli anni Novanta, quando ogni notte dalle coste di Valona e Durazzo prendevano il largo decine di battelli carichi di clandestini. Adesso lo scenario è cambiato. Secondo indiscrezioni le basi logistiche dei trafficanti sarebbero nei dintorni di Corfù, in Grecia, e a Mersin, in Turchia. E la rotta privilegiata potrebbe essere quella che conduce a Santa Maria di Leuca. «Una scelta non casuale spiega un investigatore perché consente di virare verso la Calabria in caso di controlli». L'apparato di sicurezza per tentare di blindare questo tratto di mare è già scattato con il riposizionamento di tutta la flotta della guardia di finanza, che concentra a sud di Gallipoli pattuglie d'altura e motovedette «veloci» e «velocissime» sequestrate a contrabbandieri. Del resto proprio in questa zona, il 31 dicembre del 2014, sono stati tratti in salvo 796 migranti ammassati sul cargo «Blue Sky», lasciato alla deriva dai traghettatori: la strage fu evitata grazie all'intervento della guardia costiera. Le indagini di carabinieri, polizia e guardia di finanza hanno consentito di raccogliere elementi importanti, e le rivelazioni di uno degli scafisti arrestati hanno fatto luce sulle fasi dell'imbarco: «L'uomo che mi aveva ingaggiato è scritto nel verbale mi ha ordinato di ormeggiare al largo di Mersin, il terzo giorno di ormeggio ho visto un barcone di trenta persone venire verso la nave».

Gli investigatori mantengono il massimo riserbo, ma sottolineano che si tratta della stessa tecnica dei contrabbandieri, che riempivano le stive con piccoli carichi per volta. Ma al posto delle sigarette ci sono uomini, donne e tanti bambini. Molti scomparsi nel nulla.

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