L'assist al Sì di Mattarella: "Democrazia da rinnovare"

Il capo dello Stato ammonisce i partiti: "Unità doverosa o Paese più debole". Duello Salvini-Maroni sull'accoglienza

L'assist al Sì di Mattarella: "Democrazia da rinnovare"

nostro inviato a Rimini

«La Repubblica è nata da un referendum», dove però la divisione degli orientamenti «è stata tradotta in una straordinaria forza unitaria». E poi, «anche per il futuro», c'è da tenere presente che «le democrazie hanno sempre bisogno di accogliere nelle loro istituzioni le innovazioni, di aggiornarsi per rappresentare sempre meglio le istanze popolari e rispondere con efficacia alle domande nuove di cittadinanza che la società pone alle istituzioni». Il referendum di cui parla il capo dello Stato aprendo la trentasettesima edizione del Meeting di Rimini, è ovviamente quello del '46 con cui gli italiani scelsero la Repubblica. Ma è difficile non leggere nelle parole di Mattarella, nel suo esordio assoluto alla kermesse ciellina anche come semplice ospite (Cl in passato lo considerava un «nemico» in quanto esponente della sinistra democristiana) un'eco della contesa sul referendum costituzionale di autunno, e quindi un assist al fronte del Sì per la riforma targata Renzi e Boschi, Anche quando insiste sul bisogno di «unità», parola ripetuta più volte con particolare riguardo dal presidente della Repubblica, perché «gli inevitabili contrasti che animano la dialettica democratica non devono farci dimenticare che i momenti di unità sono decisivi nella vita di una nazione. E che talvolta sono anche doverosi», e che «un Paese che non sa trovare occasioni di unità, diventa più debole». E anche qui un osservatore smaliziato non fatica a intravedere, tra i momenti decisivi per cui il Colle auspica «l'unità», anche la riforma dell'architrave istituzionale. Non sarebbe la prima volta che da Mattarella arriva un assist per il governo su questo campo, era già successo a New York in un discorso alla Columbia University quando il presidente, a febbraio scorso, aveva definito «importante» la riforma renziana della Costituzione, perché «consente di aumentare la velocità delle decisioni. In modo da affrontare prima i problemi, in tempo utile, e non dopo, quando può diventare più difficile». E ancora qualche mese fa in un intervento sulla rivista Italianieuropei Mattarella ha ripetuto il concetto che «la Repubblica deve sempre sapere rinnovarsi e dotarsi di strumenti più efficaci e trasparenti». Parole che suonarono come una benedizione quirinalizia al Sì, e che tornano quasi uguali nel discorso di Rimini.

A scatenare le reazioni politiche però è questa parte dell'intervento di Mattarella, ma quella sul problema dei migranti. Il presidente, sotto al grande titolo scelto dal Meeting per questa edizione («Tu sei un bene per me»), chiama in causa i populismi che in Europa vogliono «far vincere le paure». «Attenti a non cadere nell'errore di ritenere nuove false soluzioni già vissute e fallite nel breve Novecento. Non ci difenderemo alzando muri verso l'esterno, o creando barriere divisorie al nostro interno. Non ci si illuda di risolvere il problema migratorio con un vietato l'ingresso», mentre «ci può soccorrere soltanto il principio che ci si realizza con gli altri, costruire ponti e percorsi di coesione e sviluppo». Bisogna opporsi alla «tentazione all'isolamento», spiega Mattarella, perché «le differenze ci arricchiscono». Pesantissima la risposta del leader leghista Matteo Salvini («Mattarella complice di scafisti, sfruttatori e schiavisti»), contro cui si scatena il centrosinistra.

Meno prevedibile, invece, lo smarcamento di Maroni dal suo segretario federale: «Mattarella ha detto delle cose condivisibili, che secondo me sono una denuncia dell'inefficienza del sistema europeo ed italiano di gestione dell'immigrazione clandestina».

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