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L'Austria chiude le porte: basta Schengen

Il Cancelliere: "Se l'Europa non sa proteggere le frontiere il trattato non vale più"

L'Austria chiude le porte: basta Schengen

Werner Faymann, cancelliere austriaco, rischia di passare alla storia come l'uomo che di fatto cambia il destino dell'Unione europea, bastano poche parole, ma pesanti, in un'intervista al quotidiano Oesterreich. Il governo di Vienna ha deciso di annullare temporaneamente le regole di Schengen sulla libera circolazione in Europa e «il controllo delle persone che arrivano nel nostro Paese è stato rinforzato». Non è qualcosa di inatteso. Il vecchio continente è da tempo rinserrato e circondato dalla paura e questo è il risultato più profondo che è riuscito ad ottenere l'Isis. È l'effetto politico di una guerra del terrore che cambia la cultura e i punti fermi dell'Occidente. L'Europa torna a costruire muri, prima come emergenza, poi come ricerca di una soluzione per l'incapacità di risolvere la questione politica dei flussi migratori, infine come risposta agli attentati. L'Austria, però, è il primo governo che sospende di diritto Schengen, la norma europea viene messa in naftalina. Non è più la chiusura delle frontiere come emergenza pratica, ma è la scelta unilaterale di disattivare uno dei pilastri della Ue.Faymann dice che in fondo l'Austria fa esattamente quello che fa la Germania, solo che lo mette nero su bianco. «Tutti verranno controllati. Chi non ha il diritto d'asilo verrà rispedito indietro. Per passare la frontiera serve una carta d'identità valida». Cosa succede adesso? Ieri il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker aveva lanciato un grido di allarme: «Attenzione. La fine di Schengen avrebbe conseguenze economiche gravissime, con un aggravio della disoccupazione». Il messaggio è chiaro: la libera circolazione degli uomini avrà effetti anche sul mercato delle merci. L'Europa sta già con fatica combattendo con una crisi che dura ormai da otto anni, con segnali di ripresa deboli e incostanti, le frontiere chiuse sono un'ulteriore piaga. Sono un segnale di pessimismo. Il ministro italiano Gentiloni fa il coro: «Non conosco un mercato unico che non comprenda anche la libertà di circolazione delle persone». Sono parole simili a quelle di Martin Schulz, presidente dell'Europarlamento: «Se rimettiamo i controlli alle frontiere l'Unione è finita. Non serve una risposta nazionale alla paura». È quello che fa sapere, almeno a parole, anche Berlino. La risposta deve essere europea. Il problema è che non c'è stata. L'Europa ha parlato molto, ma alla fine si è capito che quando la città brucia ogni quartiere pensa a salvare le proprie case. Non c'è una squadra di vigili urbani coordinata e comune, non c'è una strategia, non c'è una politica.

L'Isis ha dimostrato che l'Europa non esiste.

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