L'editto di Re Giorgio dopo la disfatta del Sì: urne negate a Matteo

Lo schiaffo di Napolitano: veto sulle elezioni anticipate. Del resto, lui al voto è allergico

L'editto di Re Giorgio  dopo la disfatta del Sì: urne negate a Matteo

Il blog satirico Spinoza sintetizza così: «Secondo me finisce con Mattarella che dà l'incarico a Napolitano». Sì, perché nonostante sia a tutti gli effetti l'altro grande sconfitto del referendum insieme a Matteo Renzi, il presidente emerito non rinuncia a prendersi la scena e a consigliare il suo successore al Quirinale. Con una direttrice coerente con il suo percorso e un messaggio chiaro: toglietevi dalla testa di andare al voto subito.

«Io non le posso dire niente perché non l'ho capita». Risponde cosi il presidente emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano, avvicinato a Palazzo Madama a chi gli chiede un commento a proposito dell'ipotesi ventilata di andare a votare subito per le prossime elezioni politiche. «L'ho trovata tecnicamente incomprensibile», aggiunge l'ex capo dello Stato. Napolitano evita di argomentare fino in fondo la sua tesi, ma la sua posizione sembra coincidere con quella del suo successore Sergio Mattarella che ha definito «inconcepibile» l'intenzione fatta trapelare dal premier di andare a votare con due leggi elettorali differenti, Italicum alla Camera (oltretutto sottoposto al vaglio della Corte Costituzionale a fine gennaio) e Consultellum al Senato.

Napolitano, insomma, questa volta dà uno schiaffo a Renzi (da cui pure ha ricevuto ieri una telefonata di ringraziamento) e a tutti coloro che invocano le urne subito. Il presidente emerito ritiene necessario lavorare sulla legge elettorale. Per il voto si vedrà. D'altra parte l'ex leader dei miglioristi del Pci non passerà certo alla storia come un capo dello Stato incline ad ascoltare la voce degli elettori in caso di crisi, visto che quando era al Quirinale disse no all'ipotesi di chiudere la legislatura in anticipo nel 2011 con la promozione di Mario Monti al posto del governo Berlusconi eletto dagli italiani. Nel 2013 benedisse le larghe intese a favore di Enrico Letta, archiviando l'esperienza di Pier Luigi Bersani. E nel 2014 acconsentì al passaggio di testimone, non esattamente all'insegna della fratellanza di partito e dell'armonia istituzionale, da Letta a Renzi. Insomma se l'anomala stagione da kingmaker di Napolitano, segnata dal suo iper-attivismo e da una sostanziale idiosincrasia alle urne, si è definitivamente chiusa, la tentazione di esercitare influenza e consiglio è sempre presente.

Di certo, anche da «ex», Napolitano - che oggi verrà ricevuto da Mattarella per le consultazioni a seguito delle dimissioni del governo Renzi - non rinuncia a dire la sua e continua ad agitare le acque e gli umori politici. Giorgia Meloni, ad esempio, non la prende larga, ma va dritta al bersaglio. «Napolitano deve prendere atto della sua sconfitta e rassegnare le dimissioni da senatore a vita. La sconfitta di Renzi è anche la sua. Lui è il padre di questa riforma, il padre di questo governo e dei governi Letta e Monti e di tante cose che gli italiani hanno rigettato. Prenda dunque esempio da Renzi e rassegni le dimissioni da senatore a vita». Toni duri anche da parte del Movimento 5 Stelle. «Voto anticipato incomprensibile? Qui l'unico che non ha ancora compreso che cosa è accaduto è Napolitano» attacca Luigi Gaetti, capogruppo M5S Senato.

«Quando il popolo parla, un ex presidente della Repubblica le cui tesi sono state palesemente respinte da ben 19.420.271 cittadini che hanno votato No (il 59% dei cittadini votanti) dovrebbe fare una sola cosa: rispettare quel voto democratico in educato silenzio».

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